Brigitte Bardot, la serie-diario di uno scandalo

Dalla prima copertina al drammatico giorno dei suoi 26 anni, dal debutto sugli schermi alla maternità (indesiderata), dai tanti amori all’unico amore, quello per gli animali: una serie ripercorre la vita di Brigitte Bardot. E racconta come nasce un mito
brigitte Bardot
Hulton Archive/Getty Images

Bardot, la serie tv

In ospedale, una bionda giovane e bella con un cappotto bianco cammina ondeggiando lungo il corridoio. Al suo passaggio si voltano tutti, ma lei sembra non farci caso. A riceverla in un ufficio c’è un uomo con un camice, anche quello bianco. Teme di essere incinta e vuole esserne certa. Appoggia un flaconcino sulla scrivania dove nota un coniglio femmina chiuso in gabbia: «Cosa le farete?». Il medico prende in mano l’animale: «Le inietteremo la sua urina. Se le ovaie si infiammano, significa che è incinta».

«Ma poi la terrete in gabbia?».

«Non abbiamo un protocollo preciso... È la prima volta che mi fanno questa domanda».

Qualche giorno dopo le arriverà la conferma della gravidanza (una brutta notizia per lei) e lei se ne andrà con il coniglio ricucito.

Questa bionda giovane e bella è Brigitte Bardot e la scena è tratta da Bardot, un biopic in sei puntate di France Télévisions, su Canale 5, scritto e diretto da Danièle Thompson e da suo figlio Christopher. «Può sembrare assurdo, ma è così che facevano i test di gravidanza negli anni ’60», conferma Thompson. La regista mi riceve in un limpido pomeriggio d’inverno nel suo ufficio sotto i tetti di Parigi. Un gatto grigio gratta alla porta. Intorno a noi ci sono tantissime foto, souvenir di mezzo secolo di vita e di lavoro.

Per cinque anni, Danièle e Christopher Thompson hanno maneggiato il mito di BB come un candelotto di dinamite, con cautela e delicatezza. La scena del coniglio, per esempio, non è realmente accaduta, ma «è storicamente accurata e ci permette di far conoscere l’attaccamento della Bardot agli animali», spiega la regista. Rimanere fedeli, quindi, ma senza avere paura di inventare. Prendere spunto da un mucchio di documenti, consapevoli, aggiunge, «che Bardot è il personaggio ideale per una fiction».

La serie racconta gli inizi di Brigitte Bardot, dal 1949, anno della sua prima copertina su Elle, al suo tentativo di suicidio nel 1960, nel giorno del suo 26esimo compleanno. Racconta anche l’inimmaginabile fenomeno culturale che fu BB in quegli anni. Attrice, cantante, attivista, ma anche una divinità su cui hanno teorizzato i più grandi scrittori, un’icona della moda senza tempo. In breve, una leggenda. Una leggenda vivente. Viva al punto da essere un po’ ingombrante, come quando la serie ci ricorda le sue opinioni sull’immigrazione, sull’Islam e sui diritti degli omosessuali (è stata multata cinque volte per incitamento all’odio razziale dopo aver fatto commenti razzisti e omofobi). Le personalità complesse sono certamente più interessanti dal punto di vista narrativo di quelle che fanno tutto come si deve, e qui nasce lo scopo della serie: trovare buoni motivi per dimenticare la terribile logorrea della «profetessa di Saint-Tropez» e farci venire voglia di passare sei ore a guardare, con piacere, il fenomeno Bardot che si diffonde nella società francese del dopoguerra.

Julia de Nunez nel ruolo di Brigitte Bardot nella serie Bardot, il biopic in sei puntate di France Télévisions, su Canale 5.

©Sylvie Castioni - FTV - Federation
Come una regina

«Bardot è un’eroina, ma non una santa», afferma Danièle Thompson. Questo è ovvio, ma è meglio dirlo, anzi, ribadirlo. Non è facile, infatti, liberarsi dall’ombra della Bardot di oggi per riscoprire la BB di ieri. Chi poteva farlo meglio di Danièle Thompson, una delle donne più influenti del cinema francese, regista di film brillanti (Pranzo di Natale, Un po’ per caso, un po’ per desiderio e Le code a changé), capace di trattare con ironia e sottigliezza le tematiche sociali più spinose?

Quando nel 2017 il produttore Pascal Breton le ha proposto di scrivere una serie su Bardot, lei ha accettato entusiasta senza pensarci un attimo e ha subito coinvolto nell’avventura, come co sceneggiatore, Christopher, suo figlio e compagno di scrittura.

Aveva conosciuto Bardot di persona, ma i ricordi non bastano. Prima di affrontare la sceneggiatura, Danièle Thompson ha svolto una vera e propria indagine. Ha letto migliaia di pagine (Bardot è un fenomeno editoriale), ha consultato pile di documenti e altrettante foto e si è tuffata nella Francia degli anni ’50 e ’60.

«Ognuno ha nel proprio immaginario una versione di lei», dice Christopher, classe ’66. «C’è la BB dei cuccioli di foca, quella di Gainsbourg, di Clouzot o di Godard. Io l’ho pensata come un personaggio al centro di un’epoca in cambiamento, come la regina in The Crown».

L’incubo della maternità

Per comprendere appieno il posto che Brigitte Bardot occupava all’epoca, è necessario liberarsi dell’immagine della «reclusa della Madrague» (la sua celebre villa tropeziana), macerata nell’odio verso una società che non comprende più. Dobbiamo anche, e questo è il merito della serie, renderci conto che lei non è solo il corpo feticcio dei registi maschi e manipolatori (anche se è innegabile che lo sia). Brigitte Bardot è molto di più, è soprattutto l’attrice della sua stessa vita.

Per chi è troppo pigro anche per consultare Wikipedia: nasce nel 1934 in una famiglia borghese del 16esimo arrondissement e cresce in una rigida atmosfera cattolica. La sua sensualità fotogenica, il suo fisico da ballerina e il suo broncio ingenuo e provocante si fanno subito notare. La sua prima apparizione cinematografica risale al 1952 in Le trou normand, ma è Piace a troppi di Roger Vadim a innalzarla a livello di star. All’inizio il film ebbe un successo modesto in Francia, ma fu l’occasione per BB di scoprire Saint-Tropez e di farsi bionda, due elementi che presto sarebbero diventati parte integrante della sua personalità. Decisivo fu comunque il produttore Raoul Lévy, che ebbe la felice intuizione di fare uscire il film negli Stati Uniti, dove lo scandalo che sollevò contribuì al suo successo e alla nascita del mito di BB. Ormai famosa in tutto il mondo, ogni istante della sua vita viene scrutato dalla stampa scandalistica.

La caccia è aperta. Tanto più che sul set si innamora del suo partner, il giovane Jean-Louis Trintignant. Uno schema amoroso che si ripeterà più volte...

La vita sentimentale della Bardot è un po’ il sogno dei paparazzi, ma anche degli sceneggiatori: colpi di scena assicurati. L’attrice tende a puntare sugli uomini che incontra, e che quindi sono famosi. Dopo Vadim, Trintignant e Gilbert Bécaud, ci sarà Jacques Charrier, il giovane protagonista di Babette va alla guerra, di cui si innamora e poi rimane incinta.

BB e Charrier si sposano in sette minuti, ma lei non desidera diventare né essere una buona madre. «Era come un tumore che si era nutrito di me [...]. Quando l’incubo raggiunse il suo culmine, dovetti occuparmi per tutta la vita dell’oggetto della mia disgrazia», scrisse a proposito del figlio Nicolas (che le fece causa) in BB, pubblicato nel 1996.

BB mette fine alla propria carriera nel 1973 per dedicarsi ai diritti degli animali. Si oppone alla caccia alle foche, alla corrida, alle pellicce e alla vivisezione. È stata, per la verità prima di chiunque altro, anche una sostenitrice delle cause ambientali, come la protezione degli oceani e la lotta all’inquinamento. Ma questa è un’altra storia.

Bardot riassume così la sua situazione: «La mia vita assomiglia a una grande prigione, piacevole, ma pur sempre una prigione». Poi, in seguito, aggiunge questa lucida osservazione: «Appartengo a tutti [...]. Si ha l’impressione di non essere più liberi».

Filmare il desiderio

Cambia gli amanti come fossero camicie, affascina e turba, molti si sentono minacciati dall’esplosione sessuale che simboleggia. «È una donna scandalosa perché è inammissibile non volere figli, scegliere i propri partner, soprattutto se sei una donna che ha ricevuto un’educazione borghese», osserva Danièle Thompson.

Come raccontare, restituire questo destino, in cui il corpo è protagonista, senza trasformare la Bardot in un coniglio da laboratorio, in una donna-oggetto? I Thompson hanno fatto tesoro di una lezione del critico e cineasta Jean-Claude Biette (1942-2003), che nel 1996 ha inventato la nozione di «film di Brigitte»: un’opera in cui il punto di vista preponderante non è più quello di un uomo ma quello di una donna. Così hanno realizzato una «serie Brigitte», dove nelle scene, pudicamente chiamate, scene di letto, sono i ragazzi a essere nudi, sono loro gli oggetti del desiderio di BB, e non il contrario. «Non celebriamo il sex symbol, filmiamo il suo desiderio, il suo desiderio di amore, di sesso. Ed è commovente», spiega Danièle.

Interpretare senza imitare

A Julia de Nunez, attrice franco-argentina finora sconosciuta (ma la serie può cambiare tutto), è stato affidato l’arduo compito di interpretare Brigitte Bardot.

La somiglianza fisica non è strabiliante, ma ha una qualità rara, quella che gli esperti di recitazione chiamano «naturalezza». È questo che ha colpito i Thompson.

«Cercavamo un’attrice, non una rappresentazione letterale», ricorda Danièle Thompson. «Sapevamo che non l’avremmo imitata, che non le avremmo chiesto di parlare come Bardot. Soprattutto, avrebbe dovuto incarnare il personaggio che avevamo scritto». Nessun scimmiottamento, dunque. Non c’è la caratteristica fluidità di BB, nemmeno la corporalità animale della star, nonostante le lezioni di danza che ha dovuto prendere per la scena del mambo.

Terminato il film, Julia ha abbandonato il suo personaggio tagliandosi i capelli. «Alla fine delle riprese è come se avessi perso quell’essenza. Ho chiuso il cerchio, ho esorcizzato!», esclama, come fosse quasi felice di essersi liberata dal costante confronto. È tornata a scuola e immagina una carriera sul palcoscenico, dove le piacerebbe interpretare un’opera del drammaturgo Georges Feydeau.

Ma che cosa pensa della serie la vera Brigitte Bardot? Ne pensa male, e ciò non sorprende nessuno. Nel dicembre 2022, ha dichiarato al Journal du Dimanche di non essere stata informata e di essere contraria al progetto per principio: «Nessuno mi ha messa al corrente di questa cosa! Ma me ne frego: l’unica cosa che conta è la mia vita reale, con me dentro, e non uno stupido biopic!».

Danièle Thompson sembra cercare qualcosa nel suo telefono, poi cambia idea, come se avesse deciso che non vale la pena arrabbiarsi. «Ci siamo sentite, ovviamente. Lei sa tutto», ribatte. L’eterno bisogno di provocare di BB, senza dubbio.