Elezioni europee: 5 cose che abbiamo imparato dal voto

L'ultra destra che avanza? Non è la sola tendenza. Ci sono i verdi danesi che esultano, l'eccezione della Spagna, Orban in calo... Terminato lo spoglio, ecco una sintesi di quello che è successo in Europa
Elezioni europee 5 cose che abbiamo imparato dal voto
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Si è concluso quello che tutti riconosco come il più grande esercizio della democrazia del mondo, le elezioni europee, che coinvolgono 27 Stati e vanno ad eleggere i 720 deputati dell'Unione. Eppure il primo dato da analizzare è che solo un elettore su due si è presentato alle urne: se l'affluenza generale nel 2019 era al 50,66% oggi è al 51%. Quello che pensa metà Europa non lo sappiamo. Che cosa ha voluto indicare, invece, chi ha votato? Innanzitutto una premessa: il nuovo Parlamento di Strasburgo non sarà molto diverso dal precedente. Questo è successo grazie alla grande vittoria del centro, con la Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, candidata di punta del Partito Popolare Europeo, che ha dichiarato: «Costruiremo un bastione contro gli estremisti da sinistra e da destra. Li fermeremo. Abbiamo vinto le elezioni europee, siamo il partito più forte, ancora di stabilità, e questo è un grande messaggio».

1. Il nuovo parlamento europeo cambia poco

Guadagna voti il partito popolare europeo, guadagnano voti i conservatori di Ecr guidati da Giorgia Meloni, reggono i socialisti del S&D (Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici) che perdono pochi seggi, perdono di più i liberali di Renew e più di tutti i Verdi, che erano stati la vera sorpresa della scorsa tornata nel 2019. I partiti di estrema destra in vari Paesi hanno avuto una vittoria, confluendo in Ecr o Identità e Democrazia, che però non è bastata a sovvertire gli equilibri. Con oltre 400 seggi la cosiddetta «maggioranza Ursula» - ossia l'alleanza tra il Ppe, l'Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici (S&D) e ii centristi e liberali Renew Europe - è salda. Vediamo i numeri: Il Ppe si conferma primo partito con 186 seggi (+10), Renew Europe scende a 79 (-23), Verts/Ale a 53 (-18), S&D ne salva 134 (-5), The Left 36 (-1). Dall'altra parte crescono di poco i Conservatori e Riformisti europei (Ecr) con 73 seggi (+4), Identità e Democrazia (il gruppo di Le Pen e Salvini) passa a 58 seggi (+9). I «non iscritti» - ossia il gruppo che tiene gli europarlamentari che non riescono a formare un gruppo (che deve avere almeno 23 parlamentari provenienti da almeno 7 diversi Stati) o non si riconoscono in nessun gruppo - sono a 45: soprattutto grazie all'iniezione di 15 seggi (+6) guadagnati dall'estrema destra dell'Afd in Germania, appena espulsi da Identità e Democrazia dopo che il suo principale candidato europeo, Maximilian Krah, ha affermato di non considerare criminali tutti i membri delle SS naziste. Qui, per intenderci, c'erano anche il movimento 5Stelle dall'Italia, Alba Dorata dalla Grecia, il Brexit Party di Farage, e Junts per Catalunya, gli indipendendentisti catalani, dalla Spagna.

Dati aggiornati alle 15.50 di lunedì 10 giugno, fonte: Parlamento Europeo

2. L’estrema destra avanza nel cuore dell'Europa

Molti partiti di estrema destra hanno migliorato la loro performance scalando gli equilibri nazionali e creando dei terremoti. L'Austria è il Paese dell'Unione Europea dove l'ultradestra ha ottenuto il risultato migliore: il Partito della Libertà austriaco (FPÖ) è per la prima volta primo partito con il 25,7% dei voti. Ma seguono subito dopo, intorno al 24,7%, quelli del partito popolare ÖVP e i socialdemocratici della SPÖ reggono con il 23,2%. In Germania, la CDU-CSU è prima con il 30% dei voti, ma l'Afd raggiunge uno storico 15,9% che lascia alla SPD del cancelliere Olaf Scholtz solo il 13,9%, peggior risultato di sempre. In Belgio il primo ministro Alexander De Croo ha annunciato le sue dimissioni dopo il risultato del Partito Liberale Open VLD, il suo, fermo al 5,8%. Qui hanno trionfato i separatisti fiamminghi del partito di estrema destra Vlaams Belang (al 14,5%) e il partito N-VA di destra (al 14%). In Francia il risultato esorbitante di Rassemblement national con il 31,4% porta l'estrema destra a essere il primo partito. Il secondo è la coalizione Besoin d'Europe di cui fa parte Rénaissance di Macron (più che doppiata, al 14,6%) quasi raggiunto dal terzo, socialista, Réveiller l'Europe con il 13,8% dei voti.

Tino Chrupalla e Alice Weidel, leader di Alternative for Germany (AfD), festeggiano la vittoria elettorale

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Emmanuel Macron ha deciso, subito dopo aver visto le proiezioni, di ridare il voto ai francesi. «Ho deciso di restituirvi la scelta del vostro futuro parlamentare votando. Pertanto stasera scioglierò l’Assemblea nazionale». Le elezioni per il nuovo parlamento si svolgeranno il 30 giugno e il 7 luglio: essendo, con la Germania e l'Italia, uno degli Stati fondatori dell'Unione Europea, è il risultato nazionale che fa più impressione. Tra RN di Marine Le Pen e la France fière, lista guidata da sua nipote Marion Maréchal, il 37% ha votato per l'estrema destra. Secondo il leader di RN Jordan Bardella «la sconfitta senza precedenti dell’attuale governo segna la fine di un ciclo e il primo giorno dell’era post-Macron». Dall'altro fronte, la scelta obbligata del Presidente (che resterà comunque presidente francese fino al 2027), di sciogliere le camere - non avrebbe più avuto credibilità in Europa - porta anche la speranza che unendo il fronte del centrosinistra francese, nonostante le grandi divergenze, si riesca a fermare quest'onda nera nel Paese.

Emmanuel Macron annuncia elezioni anticipate dopo i risultati delle elezioni europee

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3. L'eccezione iberica

In Spagna nonostante il Partito Popolare abbia vinto con il 34,2% dei voti superando il Psoe della vicepremier Teresa Ribera, il partito di estrema destra Vox si è fermato al 9,6%. E anche in Portogallo, dove ha vinto il Partito Socialista con il 32,1%, seguito subito da Alleanza democratica di centrodestra al 31,1%, il partito di ultra destra Chega si arresta al 9,8%: una grande sconfitta se si pensa che alle elezioni nazionali dello scorso marzo aveva avuto un grande exploit: dal 7% era passato al 18%. Nella penisola iberica quindi non solo regge la sinistra, ma l'ultra destra non sfonda. Visto il buon risultato del Pd di Elly Schlein in Italia, tuttavia, bisognerà ora capire se sarà il Pd a guidare l'azione del gruppo dei Socialisti europei, al posto della Spagna.

Il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez vota a Madrid il 9 giugno

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4. Meloni e Tusk festeggiano, Orban no

La premier italiana Giorgia Meloni ha visto trionfare Fratelli d'Italia con il 28,8%, segue il Partito Democratico con il 24%. «Ci hanno visto arrivare ma non sono riusciti a fermarci», ha dichiarato feacendo il verso alla frase famosa di Elly Schlein quando diventò segretarias del partito. «Stiamo arrivando», ha risposto Schlein. Essendo l'unica leader dei tre Paesi fondatori a essere stata confermata, la leader dei Conservatori di Ecr avrà sicuramente un peso diverso in Europa, come scrive Stefano Feltri. Nel frattempo, in due Paesi del gruppo di Visegrad la tendenza è opposta: mentre in Polonia festeggia Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo, recentemente tornato al potere nel suo Paese vincendo le elezioni con un programma filoeuropeista (la sua Coalizione civica ha ottenuto infatti il 37,1% dei voti, superando dopo un decennio di vittorie il partito nazionalista Diritto e Giustizia di Jaroslaw Kaczynski e lasciando l'estrema destra della Confederazione Libertà e Indipendenza al 12,08%), in Ungheria il clima è diverso. Il partito Fidetz di Victor Orban si conferma primo con il 44,8% ma per la prima volta in 14 anni di governo arretra dal 52% delle ultime europee del 2019. Sicuramente lo ha danneggiato il partito Tisza di Péter Magyar, ex di Fidetz, al 29,6%. Magyar ha dichiarato: «Ciò che è evidente è che questa è ora la Waterloo della centrale elettrica di Orbán, l’inizio della fine».

Peter Magyar, il rivale di Orban

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5. C'è del verde in Danimarca (e basta)

«Le sconfitte in Germania e Francia sono ovviamente un duro colpo», ha ammesso in una dichiarazione Bas Eickhout, vicepresidente dei Verdi/ALE e candidato principale del Partito Verde europeo. Con solo 53 seggi, gli ambientalisti sono diventati il sesto gruppo europeo (erano il quarto). Cercheranno di preservare il Green Deal europeo dagli attacchi delle destre, dai piani di riduzione del 55% delle emissioni alla Pac (Politica agricola comune). In controtendenza i risultati dei Verdi in Italia, con Alleanza Verdi Sinistra al 6,9% (il 40,35% di tutti gli studenti fuori sede ha votato per loro), e soprattutto in Danimarca, dove i verdi-socialisti primeggiano. Buone performance dei green anche in Svezia e nei Paesi Bassi.

Sigrid Friis and Martin Lidegaard del Partito Socialista danese, che guadagna 3 seggi

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