Hawaii, viaggio nei giardini dell'Eden

Piante sensitive, coltivazioni sconfinate di caffè, cascate racchiuse tra i confini di foreste tropicali perenni. E poi onde maestose domate da surfisti, canyon inattraversabili e baie dove si respira l'alito primordiale della Terra. A bordo della nave Pride of America ci siamo spostati tra quattro delle otto isole dell'Aloha State, alla ricerca di una nuova concezione del viaggio (e della vita)
Hawaii viaggio nei giardini dell'Eden
Shutterstock / Shane Myers Photography

Pianificare un viaggio alle Hawaii non capita tutti i giorni ed è qualcosa che richiede tempo. A me è stata necessaria una settimana di preparazione - tra le incombenze burocratiche necessarie per partire le più incombenti sono: documentazione vaccino anti-Covid, modulo Esta e tampone negativo rapido o molecolare - a cui si sono aggiunte 18 ore di volo su quattro città e due scali (Bologna-Francoforte-San Francisco-Honolulu). Sbarcato a Honolulu ho dovuto portare le lancette dell'orologio (si fa per dire, ha fatto tutto l'iPhone) indietro di 12 ore, per sintonizzarmi con uno dei fusi orari terrestri più estremi. 

A destinazione, nel porto di Honolulu, sull'isola di Oahu, ho trovato ad accogliermi la Pride of America, la nave della Norwegian Cruise Line che fa la spola tutto l'anno tra quattro delle otto isole che formano l'arcipelago delle Hawaii. Dopo la partenza dalla capitale, la Pride of America segue un itinerario che punta a sud: prima attracca a Kaului, sul versante destro dell'isola di Maui, poi si sposta verso Hawaii, l'isola che dà il nome allo Stato, dove sosta sulla costa est, a Hilo, e su quella ovest, a Kailua-Kona. Infine la nave raggiunge Kauai, la più remota e settentrionale delle isole hawaiane visitabili. 

Un paio di premesse prima di iniziare questo viaggio fotografico nello Stato dell'Aloha (a proposito: Aloha in hawaiano può avere tanti significati, dal comune «ciao» alla rievocazione di sentimenti più profondi di condivisione e amore): una settimana è un tempo estremamente limitato per visitare a fondo le Hawaii. Inoltre, le similitudini con il Costa Rica sono notevoli: se avete già visitato il Centro America, troverete numerosi parallelismi tropicali che potrebbero togliere un po' di novità al viaggio. 

Poi qualche informazione pratica: i taxi alle Hawaii sono tutto sommato abbordabili, anche per la concorrenza di Uber. Comunicare con i locali è, in teoria, semplice: ad eccezione della non raggiungibile isoletta di Niihau, dove si usa l'antico hawaiano, sul resto dell'arcipelago si parla un americano stretto, che a volte può risultare di difficile comprensione, soprattutto se mescolato con gli slang. Valgono poi le solite regole degli States: si paga quasi dovunque con carta di credito, le mance fanno parte della quotidianità (ma se da buoni italiani non ne lascerete, non sarete guardati male), l'abbigliamento è - ne dubitavate? - informale. 

Per concludere questa breve introduzione, una curiosità. Sulle isole, in particolare a Kauai, svolazzano centinaia, migliaia di galline allo stato brado. Questi volatili sono ovunque: sgambettano sotto i tavoli dei ristoranti all'aperto, pascolano nei parchi, passeggiano ai margini delle strade e nei backyard delle trasandate casette di legno in stile americano. La guide danno tutte la stessa versione di questo strano fenomeno: dopo gli uragani Iwa del 1982 e Iniki del 1992, le galline sono scappate dai pollai e hanno iniziato a popolare le isole, dove oggi razzolano in perfetta sintonia con la natura. 

Le principali isole dell'arcipelago hawaiano, dicevo, sono otto. Hawaii, che dà il nome allo Stato, è la più estesa. Oahu, dove si trova la capitale Honolulu e il suo milione di abitanti, la più popolata. Le isole più piccole sono Kahoolawe, una landa brulla e disabitata a un pugno di chilometri da Maui e Niihau, «l'isola proibita», così chiamata perché possono accedervi solo i parenti delle poche decine di hawaiani che ci vivono, i militari, i funzionari governativi e i selezionatissimi ospiti dei Robinson, la famiglia proprietaria dell'isola. Niihau è oggi una specie di inaccessibile macchina del tempo: i suoi 180 chilometri quadrati di territorio - dove non esiste elettricità e gli animali vivono allo stato brado - sono le specchio di come erano le Hawaii prima dell'avvento del turismo. 

Shutterstock / Kaesler Media

Spostarsi in autonomia tra le isole hawaiane può rivelarsi complicato, costoso e richiedere un notevole spirito avventuriero. L'alternativa è imbarcarsi sulla Pride of America, la nave della Norwegian Cruise Line (NCL) destinata fin dalla sua nascita alla navigazione nell'arcipelago hawaiano. Pride of America è stata costruita nel 2005, parzialmente rinnovata nel 2016 e può ospitare a bordo 2.186 passeggeri, numeri tutto sommato contenuti per una nave mass market, che garantiscono una tranquilla e godereccia vita di bordo. La crociera rappresenta, come sempre, un ragionevole compromesso esperienziale: se da un lato si approfitta delle comodità della nave e non ci si preoccupa della logistica degli spostamenti, dall'altro i tempi che gli ospiti possono trascorrere a terra - in escursione organizzata o per conto proprio - sono contingentati. 

ISOLA DI OAHU
Poiché è inutile fantasticare su Niihau - anche perché, a detta della mia guida, se un intruso prova a sbarcarci viene gambizzato senza troppi complimenti - tanto vale dedicare le energie post jet lag per visitare Oahu, dove si viene accolti con Aloha (benvenuto!), Mahalo (grazie) e con delicate Lei, ghirlande ornamentali realizzate con petali di orchidee rosa o altri fiori autoctoni. 

I territori di Oahu in cui la presenza umana è più marcata sono quelli a sud dell'isola, lì dove ci sono il porto commerciale, l'aeroporto e alcuni tra gli hotel più noti, come il Moana Surfrider. Si tratta, è quasi superfluo dirlo, delle zone a più alto flusso turistico, quindi anche le più care dell'intero arcipelago: una notte al Surfrider, un 4 stelle europeo con stanze modeste, costa sui 400 dollari, a cui sono da aggiungere colazione (cappuccino, pancake e waffle: 60 dollari) e tasse di soggiorno. Nel poco distante Airport Honolulu Hotel, un tre stelle in stile motel, per una notte si spendono 150 dollari. 

I prezzi calano, anche se non di molto, sul resto dell'isola, così formata: a est c'è la Windward Coast, nota per le sue baie appartate, che si congiunge a nord con la North Shore, la mecca dei surfisti. A ovest si estende la Leeward Coast, territorio punteggiato da campi da golf e paesaggi agricoli. Il cuore dell'isola prende il nome di Central Oahu: qui crescono perlopiù piantagioni tropicali.

La spiaggia più famosa e accessibile di Honolulu è Waikiki Beach, una lingua di sabbia setosa cinta da palme. Nonostante la grande quantità di bagnanti l'acqua è cristallina oltre che mite e tiepida tutto l'anno. Sulla baia si affacciano hotel, negozi e ristoranti: è questo il fulcro commerciale della vita nella capitale. Se vi infastidisce l'eccessiva presenza umana, tranquillizzatevi: nessun altro posto alle Hawaii - purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista - è paragonabile al downtown di Honolulu. 

Antonio Leggieri

Waikiki Beach (nella foto, una veduta molto mattiniera della spiaggia dal balcone della mia stanza al Moana Surfrider) è un paradiso per surfisti, soprattutto i neofiti: noleggiare una tavola e cercare un istruttore qui è più facile che trovare un parcheggio per l'auto.

Antonio Leggieri

Il surf è parte costituente dell'identità delle Hawaii, tanto da essere considerato sport nazionale. Tutti possono praticarlo, in luoghi e con tavole diversi, a seconda della propria bravura. Se i principianti domano le creste addomesticabili a sud di Oahu, i professionisti cavalcano quelle a nord dell'isola, nella Waimea Bay, dove si formano alcune tra le onde più alte e pericolose del mondo. 

Antonio Leggieri

Una delle principali attrazioni di Waikiki Beach è questo baniano, altrimenti noto ai botanici come Ficus benghalensis. Grazie alle sue radici aeree che partono dai rami e si trasformano in altrettanti tronchi, questa maestosa pianta di origine indiana riesce ad estendersi per decine di metri, creando da sola un'intero ecosistema.

Antonio Leggieri

7 dicembre 1941: a Pearl Harbor, poco distante dall'odierno downtown, ebbe luogo l'«operazione Hawaii» condotta da una flotta di portaerei della Marina imperiale giapponese contro la United States Pacific Fleet, che provocò la dichiarazione di guerra degli Stati Uniti all'Impero giapponese. Pearl Harbor è un luogo di grande potenza storica ed emotiva. Il mio consiglio è di sottrarre qualche ora allo shopping o alla tintarella e visitare il Memoriale USS Arizona, che sorge sulle vestigie, alcune ancora visibili, dell'omonima nave da battaglia a cui in quell'attacco toccò la sorte peggiore: una bomba giapponese ne fece esplodere la santabarbara di prora provocando il repentino affondamento della nave e la morte dei 1.177 membri dell'equipaggio rimasti intrappolati al suo interno. 

Antonio Leggieri

A Pearl Harbor si può anche salire a bordo e scendere nella pancia della USS Missouri, nave da battaglia ai tempi della Seconda guerra mondiale, trasformata in un museo di armamenti, cimeli e fotografie dell'epoca. Nonostante le riuscite trasposizioni cinematografiche, una discesa nelle viscere di ferro della nave è la sola esperienza che permette di rivivere davvero quello che il Presidente Roosevelt definì «il giorno dell'infamia».

Antonio Leggieri

Dal 30 maggio 2022 è anche possibile visitare la Ford Island Control Tower, ristrutturata e aperta al pubblico dopo dieci anni di lavori. Dalla sommità della torre-museo si ha una veduta panoramica di tutto il sito militare. 

Antonio Leggieri

ISOLA DI MAUI
A Maui, la seconda isola per grandezza dell'arcipelago, i ritmi già lenti di Oahu si affievoliscono ancora e si imbevono - ma forse è solo una suggestione prodotta dal nome del mitico eroe hawaiano che dà il nome all'isola - dello spirito ancestrale e mistico dell'Aloha, percepibile nell'enigmaticità delle sculture sacre erette nelle piantagioni tropicali, nella semplicità dei venditori di frutta ai margini delle strade, nel disincanto dei giovani surfisti che osservano il mare.

Nel caso in cui decidiate di visitare l'isola in autonomia, sappiate che la formula migliore sono le due o le quattro ruote. Badate: Maui, a differenza di quello che si vede in un paio di film, è poco o nulla un'isola loca (come tutte le Hawaii d'altronde, fatta eccezione per Honolulu): pochi locali restano aperti dopo le 22, così il programma più trasgressivo diventa quello di cenare all'ora del tramonto e sorseggiare un cocktail alla frutta in una baia quando il sole inizia a dissolversi tra le acque del Pacifico. 

Tante, troppe sono le spiagge, le insenature, le valli da visitare. Nell'unica giornata a mia disposizione sull'isola - che ha portato in eredità anche un fastidioso groppo alla gola per tutte le bellezze che non sono riuscito a contemplare - ho scelto così di passare in rassegna alcune tra le attrazioni principali di Maui. 

La Iao Valley («nuvola suprema») è una lussureggiante foresta tropicale di origine vulcanica che sorge ad ovest della zona di Wailuku. Agli albori della sua storia, la valle era palcoscenico del Makahiki, cerimonia con cui gli antichi hawaiani rendevano onore a Lono, il dio dell'agricoltura. Nel 1790 essa fu il proscenio della furiosa Battaglia di Kepaniwai tra gli indigeni delle isole di Maui e Hawaii; tanta fu la violenza di quello scontro che, riportano le indicazioni in loco, i fiumi «si colorarono di rosso fuoco». Dal 1972 la valle ospita un parco nazionale di 47mila acri con percorsi per il trekking. 

Antonio Leggieri

Alle pendici della Iao Valley spunta la Maui Tropical Plantation: 60 acri in parte percorribili con un trenino che conduce alla scoperta della vegetazione hawaiana: palme da cocco, ananas, manghi, papaye e poi banani, canna da zucchero, eliconia, zenzero rosso e taro, che i locali chiamano kalo, un tubero simile alla patata ma più piccolo, da cui si ricavano farina e amido.

Antonio Leggieri

Osservare un ananas spuntare dalla sua pianta invece che deposto in una cassetta del supermercato provoca una strana sensazione, una sorta di epifania tropicale che si ripete nel vedere frutti di largo consumo occidentale come i manghi e gli avocado appesi ai propri alberi. Le foglie dell'ananas sono taglienti quasi come lame e formano una rosetta al cui centro spunta il frutto. Ogni pianta di ananas necessita di 18 mesi di tempo per produrre un solo frutto. 

Antonio Leggieri

Una cesta di papaye dà il benvenuto nel Country Market, all'interno del ranch. Nel negozio, estremamente curato, è possibile acquistare frutti, verdure biologiche e souvenir locali.

Antonio Leggieri

Ai margini della piantagione, così come nel resto dell'arcipelago, crescono ciuffi di mimosa pudica, una pianta sensitiva. La risposta delle foglie al tocco prende il nome di tigmonastia, un meccanismo nastico usato per difendersi da predatori, come protezione dal vento e dal disseccamento: riducendo la superficie esposta, la pianta limita l’evaporazione dell’acqua nelle ore più calde.

Antonio Leggieri

La Maui Tropical Plantation è stata eletta dallo scultore americano Dale Zarrella come studio en plein air. Nel laboratorio sono esposti sculture e manufatti in legno e pietra recuperata dai greti dei fiumiciattoli della Waikapu Valley. Quella in foto, soavemente sospesa su cespugli di eliconia, è l'amaca di Zarrella.

Antonio Leggieri

ISOLA DI HAWAII
Ovvero Big Island: nessuno tra gli hawaiani chiama quest'isola con il suo nome topografico - Hawai'i - per evitare di confonderla con lo stato hawaiano. Big Island è, come suggerisce il suo nome, l'isola più grande dell'arcipelago. Il suo territorio presenta scenari diversi, tutti di grande potenza visiva, come le spiagge bianche di Kaunaoa Beach, quelle laviche di Punalu'u Beach, le baie dimora di tartarughe (Carlsmith Beach Park), le cime innevate (il vulcano dormiente Mauna Kea), le foreste pluviali tropicali - su tutte la Waipio Valley, la Valle dei re, che un tempo ospitava i sovrani delle Hawaii - e, giusto per offrire una spruzzata di umanità, cittadine come Hilo

Il downtown di Hilo si raggiunge con una passeggiata di 30 minuti dal porto. Questa è la zona più piovosa delle Hawaii, dunque la parola d'ordine è una sola: ombrello (o cerata, a seconda dei gusti). Quello in foto è l'Hilo Farmers Market, mercatino ravvivato dalla presenza di una grande parete di graffiti. Un altro indirizzo da appuntare, soprattutto se siete alla ricerca disperata di un Wi-Fi, è il bar dell'Hilo Palace Theater, dove bere un succo di frutta e scambiare due chiacchiere con viaggiatori di passaggio e giovani smart workers locali. Poco distante c'è Aloha Grown, boutique che vende capi d'abbigliamento prodotti con tessuti locali. 

Antonio Leggieri

Ukulele appesi in bella mostra in un negozio del downtown di Hilo. Il nome in lingua hawaiana significa «pulce saltellante», probabilmente per la velocità con cui lo strumento viene suonato. Gli ukulele non sono a buon prezzo: quelli di buona fattura costano dai 500 ai mille dollari. 

Antonio Leggieri

Il Kaloko-Honokohau National Historic Park, ovvero uno di quei luoghi dell'anima che, da soli, sono in grado di restituire un senso più elevato al proprio viaggio. Questa piccola baia di sabbia e palme affaccia sulla Honokohau Bay, un tempo dimora di abili pescatori, dove è facile leggere indicazioni con su scritto Malama I na honu: attenti alle tartarughe che riposano sulla battigia. Alla spiaggia si giunge dopo una camminata di mezzora attraverso una distesa di lava solidificata ai cui margini spuntano cespugli di naio, pianta indigena in via di ripopolazione.

Antonio Leggieri

Molti paesaggi delle Hawaii, dicevo, ricordano il Costa Rica. Una delle similitudini più lampanti sono le piantagioni di caffè: quella in foto si trova nella zona di Kailua, a est dell'isola, dove si produce una qualità di arabica chiamata Kona. All'interno della piantagione c'è un belvedere che ospita un bar dove si può assaggiare un americano o un «espresso». Le virgolette, come sempre quando si beve una tazzina fuori dall'Italia, anche se di una buona arabica, sono d'obbligo: si tratta, né più né meno, di un americano solo più corto, dal sapore acidulo e vagamente erbaceo, che ho dovuto ingentilire con abbondante latte. Sullo sfondo la Pride of America, che in serata salperà per l'ultima isola di questo viaggio: Kauai.

Antonio Leggieri

ISOLA DI KAUAI
Come quella di Hawaii, anche Kauai, l'isola più antica e settentrionale dell'Aloha State, nonché la più distante dalla California, ha un secondo nome che ne riassume alla perfezione la bellezza edenica: per i locali, Kauai è l'«isola giardino». La mia guida, con grande trasporto, la definisce «la più bella e spettacolare delle Hawaii». Non a torto: per tanti famosi registi Kauai è stata il set prescelto per girare film come Jurassic Park, Avatar, Hook e King Kong. Per Mark Zuckerberg è stata invece terra di conquista coloniale: il fondatore di Facebook ha acquistato oltre mille acri per 100 milioni di dollari, un'operazione immobiliare che l'ha trasformato nella persona più invisa di tutta isola. A questo proposito, ecco cosa ne pensa la mia guida: «Qui siamo poco meno di 100mila persone, quasi tutti viviamo di pesca, turismo e agricoltura e non potremo mai permetterci di acquistare un solo acro di questa terra».

Kauai è attraversata da una sola strada principale, che la cinge come un anello d'asfalto: il mezzo eletto per spostarsi è l'auto; non affidatevi al trasporto pubblico, correte il rischio di restare a terra o dover passare molto tempo in zone remote in cui persino la linea telefonica locale è rarefatta. Se decidete di spostarvi per conto vostro, sappiate che Kauai è così formata: la North Shore è terra di scogliere e spiagge incantevoli, mentre la zona est, la Coconut Coast, offre buoni spot per la pratica del surf. Poi c'è Lihue, la capitale, poco distante dalla South Shore, con i suoi giardini botanici, i numerosi campi da golf e lo Spouting Horn, uno sfiatatoio che rilascia nell’aria getti d’acqua di sei metri. La zona ovest, West Side, è nota per il Waimea Canyon, altrimenti detto «il Grand Canyon del Pacifico».

L'intera isola è una cartolina geologica scolpita dall'acqua, dal vento e dal surf. Ecco alcuni tra i suoi luoghi più belli.

Il Waimea Canyon, che si estende per 16 chilometri ed è profondo fino a 800 metri, fotografato dal belvedere di Puu Hinahina Lookout, tra il 13° ed il 14° miglio della Highway 550. Il colore rosso delle rocce è provocato dall'ossido di ferro contenuto nella lava di un antico vulcano collassato.

Antonio Leggieri

Kauai è uno dei posti migliori delle Hawaii per avventurarsi nella zipline, da soli o in coppia. Si tratta di una attività meno adrenalinica del bungee jumping, ma che permette comunque di sorvolare cascate e foreste tropicali incontaminate. Non fate caso, come me, ai pali portanti di legno che tirano le funi e che appaiono indeboliti nel punto in cui le funi si attorcigliano ad essi. La zipline è sicura e divertente ma verificherete di persona quanto sia difficile scivolare nel vuoto senza che le imbracature tendano a farvi girare su voi stessi, facendovi perdere per pochi istanti l'orientamento. 

Antonio Leggieri

Anche se caratterizzato da un'anima turistica, il tour del Fern Grotto lascia il segno nella memoria. Sono nella Wailua River Valley: qui la quarta generazione della famiglia Smith mette a disposizione dei visitatori delle imbarcazioni di legno che navigano le acque placide del Wailua River, mentre a bordo nativi hawaiani raccontano storie dei loro avi. Kamila Smith, in foto, uno dei membri della famiglia, sta per suonare il suo ukulele ai piedi di una cascata.

Antonio Leggieri

Waterfalls o Wailele, in hawaiano. Comunque vogliate chiamarle le cascate sono uno dei volti delle Hawaii: alcune sono avvicinabili dai turisti; altre - come quelle nel Wailua Homesteads Park - sono visibili solo da belvedere o da elicotteri. Questi portentosi getti d'acqua e la vegetazione che li cinge sono - nonostante i disboscamenti, il riscaldamento globale, l'overtourism e quanto di peggio provochi l'antropizzazione - la dimostrazione che continuano ad esistere in questo mondo luoghi di pura bellezza, destinati a sopravvivere per sempre.  

Antonio Leggieri

Il luogo simbolo di questa grande bellezza eterna è la Na Pali Coast, a nord dell'isola: una trina di roccia intessuta di vegetazione, quasi totalmente inaccessibile se non dalla costa, con imbarcazioni a motore o catamarani e kayak, o dall'elicottero. Questo tratto di costa è la gemma delle gemme di Kauai, il climax assoluto della natura hawaiana. Il video di seguito esprime questa meraviglia meglio di mille parole. 

Shutterstock / Gerald Cosby