Nostalgistan: dal Caspio alla Cina, viaggio in Asia Centrale (per sognare, in attesa di poter ripartire)

Dal Caspio alla Cina, attraversando gli Stan, il volume di Tino Mantarro accompagna il lettore tra le ex repubbliche sovietiche alla nuova Via della Seta.
Nostalgistan dal Caspio alla Cina viaggio in Asia Centrale

Passi innevati, infinite distese di sabbia, fortezze austere e inaccessibili, città che nascondono bellezze senza tempo. È un viaggio tra gli *Stan, *quello raccontato da Tino Mantarro in Nostalgistan. Dal Caspio alla Cina, un viaggio in Asia Centrale, edito da Ediciclo. Un on the road tra paesaggi desertici, città moderne e memoriali dell’epoca sovietica. Incontri con mercanti, doganieri corrotti, imam e persone ospitali. Alla scoperta di una terra, immensa, oggetto di contese e lotte tra russi e inglesi nel Grande Gioco ottocentesco, come lo battezzò lo scrittore Rudyard Kipling, per il possesso di quei territori che oggi si chiamano Turkmenistan, Tagikistan o Afghanistan.

«Ogni volta che capito nelle terre ex sovietiche c’è sempre un momento in cui vorrei essere altrove. Un attimo in cui mi chiedo chi me lo faccia fare a cacciarmi in certi postacci arrugginiti. Perché, piuttosto, non sia affascinato come tanti dalle mille stelle della cultura americana, dai misteri del mondo arabo, dai cieli viola africani o dai languori delle isole tropicali. E invece no, ancora mi attira quest’estetica di terre in rovina, questi luoghi dissonanti, mai lindi, mai ordinari, a volte oggettivamente brutti». Scrive l’autore nell’introduzione al volume. Attratto dalla non convenzionale estetica sovietica, affascinato da una dimensione di desolata bellezza, Mantarro percorre quel che resta di un mondo un tempo attraversato da orde di guerrieri e di mercanti.

I racconti spaziano dalla moderna Baku, vibrante capitale dell’Azerbaijan alla kazaka Aktau, la Rimini del mar Caspio. Dal deserto roccioso dell’altipiano dello Ustyurt, tra Kazakistan e Uzbekistan,  si passa poi alle statue di epoca sovietica a Dushanbe, capitale del Tagikistan. Dai bazar e dalle maioliche di Bukhara, dove vive una delle più antiche comunità ebraiche d’Oriente, alla decadenza sontuosa di Samarcanda, lontana dai tragitti turistici. Fino alle vette della catena del Tien Shan, perennemente innevate, che segnano il confine naturale tra il Kirghizistan orientale e la provincia autonoma cinese del Xingjang. Luoghi dove nulla è a posto, dove a ogni angolo c’è qualcosa di inaspettato, malmesso e improvvisato. «Posti», come dice l'autore, «dove l’eccentricità non è una posa, ma la regola. Dove non capisco quel che mi dicono, dove non ci sono poi tanti turisti, dove un sorriso è sovente l’unico modo di comunicare». Un viaggio tra paesaggi immensi, spesso estremi, spazi aperti di sovrumana grandezza e incontri che lasciano il segno. Per ora da sognare, un domani da vivere in prima persona.

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