Musica

Continueremo a parlare di brat per tantissimo tempo

Maleducato, riottoso, dispettoso, baddie. Sono solo alcuni dei significati nascosti nel disco di Charli XCX che, più di un album, è un atteggiamento che guiderà l'estate e i mesi successivi. Aprendo la strada a una nuova rivoluzione femminile, guidata forse da Kamala Harris e perfetta per anni disastrosi come questi
Continueremo a parlare di brat e di Charli XCX per tantissimo tempo

Maleducato, riottoso, dispettoso, baddie. Sono solo alcuni dei significati nascosti in brat, il disco di Charli XCX che, più di un album, è un atteggiamento che guiderà l'estate e i mesi successivi. Aprendo la strada a una nuova rivoluzione femminile (guidata forse da Kamala Harris?) perfetta per anni disastrosi come questi.

Una delle più grandi menzogne mai raccontate dalla televisione, e ora da TikTok, è che il mondo della cucina sia alla portata di tutti. Da anni, mi capita di costruire le mie ambizioni gastronomiche attorno a modelli irraggiungibili, persone con molte più capacità di quelle che potrò mai avere io e con un’alta probabilità anche con abitudini alimentari migliori. Coerentemente con questo meccanismo di emulazione infernale a ripetizione, che evidentemente affligge un numero elevato di persone, a un certo punto in Redchurch Street, a Londra, è nato un ristorante. Brat. Un locale, come ha scritto il Guardian che l’ha recensito nel 2018, che dalla presentazione dei piatti alla loro descrizione in menù, insalata di uova, fetta di pane con formaggio, pesce alla griglia, poteva sembrare il più semplice mai frequentato e che invece, ovviamente, celava dietro ogni portata un’infinita e sleale sequenza di passaggi e cotture. Brat, come un antico termine inglese con cui veniva definito il pesce rombo e anche come maleducato, riottoso, dispettoso. Rozzo. «Non capirò mai», ha scritto Jay Rayner sul Guardian, «perché negli ultimi anni ogni cuoco ha abbandonato il sale blu di Persia estratto a mano per cucinare come un fantino del focolare del XVII secolo», facendoci sentire ancora più incapaci nei nostri miseri assemblaggi culinari.

Maleducato, riottoso, dispettoso con un’inflessione all'inettitudine e all'atteggiamento rinunciatario è ciò che sta guidando la nuova “Brat Fever”, una tendenza generata dalla costola sinistra di Charli XCX e del suo ultimo album, brat (il cui video di lancio è ambientato proprio in un ristorante): un disco che trascende il disco e diventa attitudine disastrata nell’era in cui le pop icon si ergono a paladine della vulnerabilità, spingendoci a essere la versione migliore di noi anche quando piangiamo («I cried a lot but I’m so productive», ogni riferimento a Taylor Swift è puramente casuale). Un comportamento reazionario che attinge all’epoca d’oro dell’edonismo cafone, in cui le It Girls si scontravano con la legge e si facevano fotografare dai paparazzi fuori dal Les Deux (uno dei più famosi nightclub di Hollywood ormai chiuso, frequentato dal 2006 da Lindsay Lohan, Paris Hilton, Britney e Nicole Richie) alle 4 del mattino e senza mutande, inciampando nella porta dei club e ribaltandosi dentro a uno sciame di flash e telecamere.

Brat è arrivato il 7 giugno, in due versioni, ma se ne continuerà a parlare ancora per tantissimo tempo: quella standard composta da 15 brani e la deluxe che contiene tre tracce in più e che infatti si chiama brat and it’s the same but there’s three more songs so it’s not. All’interno si alternano momenti da club (“Club Classics”, “Talk Talk”), elettronica (“Von dutch”) e un pop ricercato, quasi malinconico (“So I”, “Girl, so confusing”), con canzoni che trattano di insicurezza, fomo, paura, maternità, ansia da prestazione, gelosia, ma con un unico punto di vista: quello femminile che emerge in tutta la sua potenza nel video di “360” in cui Charli riprende un’atmosfera piuttosto popolare negli ultimi tempi, tra l’indie sleaze e la moda “succubus chic”, e tanto cara a lei stessa, quando ancora adolescente pubblicava su MySpace una serie di demo con titoli come "Art Bitch" e simili. Un immaginario che è salvifico in anni rovinosi e rovinati come questi in cui ci viene comunque richiesto di performare, popolato da figure come Chloë Sevigny e Julia Fox, Emma Chamberlain, Hari Nef, Chloe Cherry, Rachel Sennott e Gabriette, le ragazze più brat di questi anni. Paladine della rivolta che ora, più precisamente dal 21 luglio, sogniamo venga guidata da Kamala Harris: dopo aver annunciato la candidatura alla presidenza, la vicepresidente degli Stati Uniti ha infatti ricevuto il sostegno culturale più potente che potesse ricevere, una voce improbabile che attraverso un singolo tweet ha preso il sopravvento. “Kamala is brat”. Lo ha scritto Charli XCX.

Charlotte Emma Aitchison, per noi Charli XCX, 31 anni, nata a Cambridge, fidanzatissima (con il batterista dei 1975), non sarebbe potuta diventare tanto grande in un momento migliore. Sin dal suo esordio nel 2012 con il duo elettronico svedese Icona Pop, dopo i successi più mainstream (“Fancy” e “Boom Clap” del 2014) ma soprattutto con uno degli album che meglio di tutti ha saputo raccontare le paranoie sentimentali e gli slanci di affetto che abbiamo provato in lookdown (how i’m feeling now, scritto tutto minuscolo anche questo), ha sempre sotteso alla sua musica un concetto di libertà di cui abbiamo iniziato a parlare da un po’ di tempo e di cui discutiamo con prevalenza in estate, in relazione alle donne: pronte ora a essere svincolate sessualmente ed emotivamente come la tendenza della “Feral Girl Summer” e prima ancora quella della “Hot Girl Summer” richiedeva. Inneggiando a una tipologia di ragazza selvaggia che è un corollario di tutti i modi di vivere che si sono sviluppati nel corso degli ultimi tre anni, dal diritto di fare schifo definito “Goblin Mood” o “rat girl”, all’attitudine al rispondere male senza temere di risultare stronze, riassunta con “Evil Era”. Definendo la sua “Brat Summer”, Charli ha detto che è come «un pacchetto di sigarette, un accendino Bic e un top bianco senza reggiseno». Puro, godibile e superficiale consumo, privo di qualsiasi senso di colpa.

Di brat continueremo a parlare per tantissimo tempo perché di tutte le cose contorte (le ragazze) e di tutte le fini parla brat senza presentare alcuna possibilità di risalita o redenzione, liberandoci forse una volta per tutte dall’abuso del termine “resilienza”. Nell’anno della vera Baddie, della Gen Z che riscopre il lato luciferino di Doja Cat e dell'uscita di Maxxxine con Mia Goth che potrebbe essere il film brat perfetto; in quello in cui su Twitter e TikTok impazza il dibattito sui “rodent men” (i ragazzi sexy che avrebbero sembianze da roditori) e in cui, sempre su TikTok, pure Emily Ratajkovski sclera per l’impossibilità di trovare qualcuno di decente annunciando le sue dimissioni dal mondo del dating, il sesto album in studio di Charli XCX nasce per diventare di culto. Come un libro al contrario che parte dalla fine e retrocede che è un po' come ci si sente alle soglie dei 30 anni, recitando una pantomima comica dell'età adulta proprio mentre andiamo incontro a una nuova pubertà adolescenziale (con la differenza che adesso possiamo comprarci da soli cibo e vestiti).

Nel frattempo, mentre lei diventa icona anche sui social, scazzata e stupenda a Wimbledon, sostiene Kamala per dirla come Tabucchi, e annuncia un tour nordamericano con Troye Sivan dal titolo Sweet, anche la copertina di brat ci sembra universale. Con quel verde acido e l’inflazionatissimo Arial Narrow a bassa risoluzione usato come font, è andata incontro a un processo sociale di appropriazione collettiva, venendo stampata su manifesti, maglie, bandiere, diventando meme, fotomontaggio. Una cover integralista in cui troviamo posto tutti, persino noi che abbiamo spacciato l’assemblaggio di ingredienti per abilità culinaria come forse abbiamo fatto nelle relazioni, mettendo insieme tutti gli elementi che ci sembravano i migliori, i traumi e i desideri, per dare vita a una grande storia d’amore deforme composta da brandelli preesistenti. Una cover infinita per un disco infinito che ci capisce, ma che non ammette speranze. Almeno per il momento.

Leggi anche:
Vuoi ricevere tutto il meglio di Vogue Italia nella tua casella di posta ogni giorno?