La cucina giamaicana di Stush in the Bush. A Saint Ann's Bay, sulla costa settentrionale, due chef, marito e moglie, hanno trovato la ricetta della felicità nella loro fattoria biologica
Gli chef giamaicani Christopher e Lisa Binns, conosciuti come Stush in the bush, hanno un’aura magnetica, seduttiva, potente. Quando fanno il loro ingresso in una stanza illuminano lo spazio intorno, portando gli astanti a scivolare inesorabilmente nella loro orbita. Sarà che a unirli è una passione dalle radici profonde, sarà che la loro storia d’amore ha qualcosa di magico. Proprio come accade nelle migliori commedie romantiche, Christopher e Lisa si incontrano nel febbraio del 2009 e nell’aprile dello stesso anno decidono di sposarsi. Ora stanno insieme da quindici anni, come racconta Christopher: «Lisa viveva a New York. Una vita veloce, rapida, piena di impegni. Io ero in Giamaica da anni e mi occupavo solo di coltivare la terra. Ci siamo trovati per caso nello stesso spazio e nello stesso momento. Ciascuno stava attraversando un periodo di evoluzione personale: ci interrogavamo su quale esistenza desiderassimo condurre. Lei lavorava nel campo dell’istruzione; io mi stavo concentrando sullo sviluppo di questa terra che apparteneva alla mia famiglia da generazioni. Entrambi volevamo creare qualcosa di nuovo per noi stessi. Il caso ha voluto che ci trovassimo».
Stush in the bush: un po' snob, un po' selvaggio
Stush in the bush, il nome che hanno scelto, riflette proprio questo connubio di due personalità distinte e complementari, che hanno trovato il loro nido d’elezione in una tenuta in Giamaica, a Saint Ann's Bay, nell’entroterra, tra le colline, a pochi chilometri dalla costa Nord. “Stush” è una parola caraibica, delle Indie occidentali, che fa riferimento a qualcosa di sofisticato, elegante, un po’ snob o arrogante. È l’attenzione ai dettagli, la ricerca estetica mai scontata, la cura con cui viene fatta ogni scelta, dalla composizione dei piatti all’arredamento, fino all’allestimento della tavola. “Bush” significa boscaglia e rimanda all’idea del selvaggio. Spiegano i due: «Stiamo a piedi nudi e con le mani nel terreno, apprezzando le cose naturali, le fondamenta di ciò che pensiamo sia la vita, ovvero il suolo, la terra, le piante, il mare».
Verdure e filosofia rasta nella loro cucina giamaicana
La loro fattoria biologica è proprio così: uno spazio sostenibile immerso nella natura in cui i visitatori, pochi per volta, possono respirare aria fresca e rallentare, assaporando un’esperienza sensoriale e culinaria unica, in senso letterale, dato che il menù a base vegetale cambia ogni giorno in funzione della stagionalità e di ciò che la terra offre. Dall’orto alla tavola. Dice Lisa: «Amo il cibo e penso che sia un modo meraviglioso per condividere se stessi con le persone. Le nostre ricette prendono ispirazione dai viaggi, dalle verdure stesse e dall’idea che nulla debba andare sprecato. Poi ci mettiamo il nostro tocco personale. A volte è un’impronta molto giamaicana, che riprende la cucina “ital” legata alla filosofia rastafariana, altre volte è un’ influenza dei Paesi che visitiamo. Le verdure offrono infinite possibilità: le puoi mangiare in purezza, arrosto, come purea o in carpaccio!». Ascoltandoli parlare dei propri progetti, sembra davvero che abbiano trovato la ricetta della felicità, motivando anche gli altri a fare lo stesso. Esorta Christopher: «Non dormite mai sul vostro sogno. Perseguitelo con tutto il cuore, con entrambe le mani e con tutte e dieci le dita dei piedi. Impegnatevi e il risultato vi lascerà a bocca aperta».
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