Anne Hathaway: «Non credo che un sano orgasmo cambierà il mondo, ma sono felice che il piacere femminile non venga più nascosto»

L'attrice premio Oscar parla della liberazione dall'alcol, della difficoltà di diventare madre («ho avuto un aborto mentre ogni sera a teatro interpretavo una donna incinta») e di chi a Hollywood le diceva che non era sexy
Anne Hathaway

Questo articolo su Anne Hathaway è pubblicato sul numero 15 di Vanity Fair in edicola fino al 9 aprile 2024.

Manhattan è una giornata grigia, ma il ristorante in cui incontro Anne Hathaway è così bianco che sembra di trovarsi nella scena di un film sull’adilà. L’attrice è cordiale e premurosa: quando arrivo, con 10 minuti di anticipo, la trovo già lì, con un maglione bianco e jeans, a un tavolo che ha scelto pensando che sarebbe stato il migliore per fare l’intervista. Il menu è rigorosamente a base vegetale – ordiniamo hummus di ceci verdi, barbabietole e zucca – ma la dieta di Hathaway no: «Molti trovano che ho l’aria da vegana», ironizza.

Hathaway è abituata alla celebrità e al vocio della Rete. Gli ultimi cinque anni hanno rappresentato per lei un cambio di rotta esistenziale: ha chiuso con l’alcol, ha avuto un secondo figlio, ha compiuto 40 anni e si è presa cura di sé con maggiore attenzione. «Per la prima volta sento di conoscermi a fondo. Sono connessa a me stessa con la testa e con il cuore. Non vivo in base a quello che gli altri pensano di me: oggi, anche ridere mi viene più facile», racconta.

La ritrovata lucidità è evidente sul grande schermo e sui red carpet, dove ha debuttato con abiti dai colori sgargianti e silhouette audaci che le sono valse l’approvazione della Gen Z. Donatella Versace ha definito l’attrice, ex simbolo di purezza incontaminata, «pericolosa, ma sexy» – il massimo complimento per uno Scorpione – e l’ha scelta come volto per la sua campagna Icons. Al Met Gala 2023 si sono presentate insieme, e Hathaway è stata la rivelazione della serata, grazie a un abito di tweed tenuto insieme da perle e spille da balia in stile Elizabeth Hurley, e ai capelli raccolti come le top model degli anni ’90. Dal 2 maggio la vedremo nell’adattamento per Amazon Prime Video del romanzo d’amore sex-positive di Robinne Lee The Idea of You, di cui è anche produttrice e in cui interpreta Solène, una quarantenne divorziata che trova l’amore con un ragazzo di 24 anni genere Harry Styles (Nicholas Galitzine). Oggi, a 41 anni, l’attrice si dice orgogliosa di rappresentare una mamma single realizzata che sperimenta una rigogliosa sessualità proprio in quella fase della vita in cui alle donne viene generalmente detto che diventeranno invisibili.

Il nostro ristorante è «ad alta vibrazione», nel senso che il cibo che offre è il più vicino possibile al suo stato naturale. Per Hathaway, raggiungere «un’alta vibrazione» davanti a un registratore non è semplice. «L’idea che tutto quello che dici venga poi utilizzato per definirti mi spaventa», dice. Non è così seria come può apparire nelle interviste, spiega, ma di certo è attenta con le parole: s’interrompe per ripassare le risposte, avendo cura di evitare «materiale infiammabile» per il web. «Non voglio essere né provocatoria né fraintesa. Mi sento al centro dell’attenzione, come un pesce rosso nella boccia».

«Come ne usciamo?», chiedo.

«Non ne ho idea», risponde. Poi mi prende le mani e dice: «Scopriamolo insieme».

Hathaway si definisce una persona profonda. Mi racconta di quando a tre anni vide sua madre interpretare Eva Perón sul palco e capì subito che voleva recitare anche lei. «Quando veniva a teatro la sua espressione concentrata e rapita era incredibile, ma io e mio marito avevamo visto bambini deliziosi trasformarsi in piccoli mostri, e avevamo cercato di dissuaderla dal seguire le mie orme», ha raccontato tempo fa la madre. Ma Hathaway non è una che si lascia distogliere facilmente dalle cose in cui crede, ed è andata avanti. Ha preso lezioni di recitazione, a 14 anni si è preparata come sostituta della futura vincitrice del Tony Laura Benanti in una produzione di Jane Eyre, e a 15 ha avuto la faccia tosta di scrivere a un agente inviandogli una sua foto. «È un aneddoto da cui si può capire che non faccio le cose a metà: quando qualcosa mi piace, vado fino in fondo», dice.

Dress by Alexander McQueen; boots by Gianvito Rossi; rings by Bulgari.Photograph by Norman Jean Roy; Styled by Deborah Afshani.

C’è stato un momento fugace in cui aveva deciso che voleva farsi suora, «ma poi ho scoperto che si può amare Dio senza prendere i voti», dice. (In seguito, ha capito che si può amare Dio anche senza essere cattolici, e ha lasciato la Chiesa a causa della sua posizione sull’omosessualità). Suo padre è un giuslavorista, e sua madre ha smesso di recitare per crescere i figli, quindi il sogno di Hathaway è sempre stato quello di riuscire a mantenersi facendo l’attrice. Per oltre vent’anni si è mossa abilmente tra generi diversi. Se si scorrono i titoli dei suoi film migliori, è difficile capire che cosa abbiano in comune, finché non ti rendi conto che il filo rosso è proprio lei: Pretty Princess, I segreti di Brokeback Mountain, Il diavolo veste Prada, Rachel sta per sposarsi, Il cavaliere oscuro - Il ritorno, Les Misérables, Interstellar, oltre a tre titoli indipendenti molto meritevoli, Colossal, Armageddon Time - Il tempo dell’apocalisse ed Eileen.

Nei suoi personaggi Hathaway mette tutta sé stessa: nel 2012, per l’interpretazione di Fantine in Les Misérables, che le è valso il premio Oscar come migliore attrice non protagonista, ha perso 25 chili e ha suggerito al regista di farle radere la testa dopo aver studiato il periodo storico ed essersi resa conto che sarebbe stato un dettaglio di grande autenticità. Ha chiesto di girare più di venti volte la scena in cui canta I Dreamed a Dream, anche se il regista era convinto che già la quarta fosse andata bene. Mi spiega che a volte, durante le riprese, è così concentrata che è come se abbandonasse il suo corpo: «La verità è che ti lasci andare. Hai come un piccolo black out. E alla fine ti chiedi che cosa sia successo realmente».

James Gray, che ha scritto e diretto Armageddon Time - Il tempo dell’apocalisse, ricorda che Jonathan Demme era già entusiasta di Hathaway 16 anni fa, mentre la dirigeva in Rachel sta per sposarsi. «Diceva che era fantastica, intensa e incredibilmente seria, e che sarei stato contento di lavorare con lei», racconta. Gray ha voluto Hathaway per interpretare sua madre in un film semi-autobiografico, e dice che l’attrice era così professionale che ha studiato alla perfezione persino il modo in cui la madre passava il pollo nell’uovo sbattuto per realizzare una delle sue ricette: «Anche Jeremy Strong e Tony Hopkins erano disposti a fare qualsiasi cosa per me. Se ci ripenso mi commuovo, perché è molto raro che succeda».

Corset by Mugler; briefs by Kiki de Montparnasse; shoes by Alaïa; gloves by Atsuko Kudo; necklace by Bulgari High Jewelry.Photograph by Norman Jean Roy; Styled by Deborah Afshani.

Michael Showalter, il regista di The Idea of You, dice che Hathaway si è presa cura di tutto, dagli interni della casa del suo personaggio alle penne che usava. «È appassionata, riesce a trattare con profondità anche gli aspetti più delicati. Io sono un Gemelli, le cose per me cambiano di continuo. Scoprire i nostri segni zodiacali ha aperto le porte per comunicare in un modo diverso. Non sto scherzando. Non sono un patito di astrologia, eppure avevo capito di avere a che fare con una donna Scorpione».

Che c’entri o meno il segno zodiacale, Hathaway ama prepararsi in modo maniacale per i suoi ruoli: «Non voglio lasciarmi sopraffare dall’ansia quando iniziano le riprese. Mi sento in pace con me stessa solo se sono sicura di aver fatto tutto quanto era nelle mie possibilità per prepararmi al meglio. All’inizio della mia carriera, ho avuto un terribile attacco di ansia, ero sola e non sapevo cosa stesse succedendo. Non potevo dirlo a nessuno, e sono stata costretta ad aspettare che tutto passasse mentre ero lì sul set. Ora mi sento molto più sicura, so che ci sarà sempre una persona disposta a stare lì con me per una decina di minuti in attesa che tutto si rimetta a posto».

Hathaway ha imparato che lasciarsi coinvolgere a fondo può avere un prezzo a livello personale. Ha da poco vissuto un’esperienza gratificante durante le riprese di Mother Mary di David Lowery, melodramma pop epico in cui interpreta una cantante invischiata in una relazione con una stilista che ha il volto di Michaela Coel. Sul set c’era un coordinatore di intimità che si occupava delle scene di sesso e di tutte quelle in cui gli attori si sentivano stressati o emotivamente esposti. «È stata una manna dal cielo avere qualcuno che, in un momento di vulnerabilità, si assicura che non ti verrà fatto del male».

Quando la stella di Hathaway era in ascesa, tutti avevano un’opinione su come avrebbe dovuto gestire la fama: «Mi consigliavano di proteggermi, perché “tutti sono pericolosi e cercano di ottenere qualcosa da te”, di non abbassare mai la guardia e di tenere le distanze, di avere due personalità, una pubblica e una privata. Era una cosa che mi confondeva, quindi non ho seguito quei consigli. Non voglio indossare una corazza».

Dress by Gucci; bra by Kiki de Montparnasse; earrings by Bulgari.Photograph by Norman Jean Roy; Styled by Deborah Afshani.

Se il tuo mestiere è recitare, non avere una corazza può essere un vantaggio, perché rende le tue emozioni più accessibili. Allo stesso tempo, però, ti lascia più indifeso in caso di critiche. Hathaway non ama ripensare al tempo in cui veniva derisa per essersi macchiata di «gravi colpe» come per esempio avere co-condotto gli Oscar e sentirsene onorata. Episodio, quello, che nel 2015 l’azienda di media digitali BuzzFeed battezzò come «la sindrome di Anne Hathaway», ovvero, «Quando fai tutto bene e la società ti odia per questo». Anni dopo, nel 2020, durante un discorso all’evento Women in Hollywood, Hathaway ha detto che il linguaggio al vetriolo la colpisce nel profondo perché, in parte, rispecchia il proprio: «È un linguaggio con il quale mi sono rapportata a me stessa da quando avevo sette anni. E quando il dolore autoinflitto viene improvvisamente amplificato a tutto volume su Internet... È un brutto colpo». Commenta Gray: «Viviamo in un’epoca brutale e sarcastica nella quale tutti pensano che se sei sincero, in qualche modo sei pieno di merda. E anche i social media sono molto più in sintonia con la cattiveria, tendono a sminuire il valore e la serietà di certi obiettivi».

Per Hathaway ci sono stati anni difficili. Nonostante avesse vinto un Oscar, «molti non mi affidavano ruoli perché erano preoccupati di quanto fosse diventata tossica la mia identità online», racconta. «Christopher Nolan è stato il mio angelo. A lui non importava niente, e mi ha dato uno dei ruoli più belli della mia vita in uno dei migliori film a cui ho preso parte». Si riferisce a quando il regista la scelse per Interstellar, affidandole la parte di una scienziata inviata nello spazio con Matthew McConaughey. «Non so se sapesse quanto mi stesse sostenendo in quel momento. E se la mia carriera non ha perso slancio lo devo proprio a lui», dice.

«L’umiliazione è una cosa davvero dura da affrontare. La chiave è non chiudersi. Devi essere coraggioso, e può essere difficile perché pensi: “Se me ne sto al sicuro, se sto al centro, se non attiro troppa attenzione su di me, non farà male”. Ma se vuoi reagire così, allora non fare l’attore. Sei un funambolo. Sei un temerario. Stai chiedendo alle persone di investire tempo e denaro, attenzione e cure su di te. Quindi devi dare loro qualcosa che valga tutte queste cose. E se non ti costa nulla, cosa stai offrendo veramente?», continua.

Hathaway è amica di Jeremy Strong, protagonista della serie pluripremiata Succession, con il quale ha lavorato in Serenity - L’isola dell’inganno e Armageddon Time - Il tempo dell’apocalisse, un attore come lei impegnato e come lei privo di corazza. Anziché parlarmi al telefono, Strong ha chiesto di potermi scrivere di Hathaway via mail. Probabilmente perché alle prese con le prove di Un nemico del popolo, il dramma di Ibsen rappresentato a Broadway, ma forse anche perché desidera che il suo pensiero venga riportato con assoluta fedeltà: «In un’epoca in cui l’individualità è sempre più curata e rappresentata, penso che Annie abbia compreso che qualsiasi passo lontano dall’autenticità, qualunque tentativo di coltivare una personalità idealizzata, finirà inevitabilmente per erodere ciò che una persona ha da offrire come artista. Annie è impegnata nel percorso di crescita più ripido, nel quale mette cuore e spina dorsale. Come artista, donna, madre e amica. Siri Hustvedt ha scritto: “Solo il sé non protetto può sperimentare la gioia”. Direi che lo stesso vale per la vita e per l’arte: devi liberarti dell’armatura che ti protegge per sperimentarle in modo totale. Penso che Annie sia interessata alla gioia; a svolgere con gioia il suo lavoro e a vivere con gioia, consapevolmente, ad alta voce. Non si nasconde e non ha paura. Questo fa di lei una persona radiosa e un’attrice intrepida». In breve, e di nuovo, perché qualcuno dovrebbe odiare Hathaway?

Durante una delle nostre conversazioni, parliamo di quanto sia spaventoso pensare che i nostri figli debbano affrontare la crudeltà di Internet. Devo sembrare sconvolta, perché mi prende di nuovo le mani tra le sue e mi chiede se sto bene. Le chiedo che consigli darebbe a un giovane che si ritrovasse vittima del cyber odio, considerata l’involontaria «laurea» ottenuta sull’argomento. Quella notte, in preda all’insonnia, Hathaway mi risponde via mail. «A quel giovane direi che il suo dolore è reale. Lo abbraccerei, gli preparerei il tè e gli direi di vivere il più a lungo e nel miglior modo possibile», scrive. «E gli direi che più a lungo viviamo, più quei momenti di dolore perderanno consistenza nel tempo. Gli augurerei una vita un milione di volte più affascinante di quel momento terribile», aggiunge.

Nel 2019 Hathaway ha annunciato la sua seconda gravidanza su Instagram e, riguardando quel vecchio post, si coglie il suo desiderio di mostrarsi vulnerabile. Una foto in bianco e nero del suo pancione è accompagnata dalla didascalia: «Non è per un film... A parte gli scherzi, per tutti coloro che stanno attraversando l’inferno dell’infertilità e del concepimento, sappiate che nessuna delle mie gravidanze è stata una passeggiata. Vi mando tanto amore».

Clothing by Prada; jewelry by Bulgari.Photograph by Norman Jean Roy; Styled by Deborah Afshani.

Le chiedo di quel momento. «Considerato il dolore che ho provato mentre cercavo di rimanere incinta, sarebbe stato ipocrita rivendicare la felicità assoluta quando sapevo bene che per tutti la faccenda è molto più complessa», spiega. Nel 2015, Hathaway aveva subito un aborto spontaneo mentre era impegnata per sei settimane con uno spettacolo off-Broadway. «La prima volta per me non ha funzionato. È stata dura, anche perché in quel periodo ero impegnata nel monologo Grounded, e il mio personaggio, ogni sera, doveva partorire in scena», racconta. Una sera, i suoi amici erano andati a salutarla nel backstage dopo lo spettacolo, e lei si era confidata: «Era troppo dura tenere quel dolore solo per me mentre sul palco fingevo che andasse tutto bene. Così, quando tutto si è risolto per il meglio, avendo sperimentato anche che cosa si prova a stare dall’altra parte – quando devi avere la delicatezza di essere felice per chi ce l’ha fatta – volevo far sapere alle mie “sorelle”: “Non devi essere sempre impeccabile. Ti vedo, e sono stata te”». Al ricordo, gli occhi diventano lucidi: «È davvero difficile desiderare qualcosa così tanto e chiederti se e in che cosa stai sbagliando».

È rimasta scioccata nell’apprendere che molte delle sue amiche avevano vissuto esperienze simili, e ha trovato uno studio che stimava che circa il 50% delle gravidanze finiscono con un aborto spontaneo: «Mi sono chiesta dove fossero quelle informazioni e perché ci sentiamo così inutilmente isolate. È lì che subiamo un danno. Così ho deciso che ne avrei parlato. La cosa che mi ha spezzato il cuore, che mi ha fatto andare fuori di testa, ma che alla fine mi ha dato speranza è stato che dopo, per tre anni, quasi ogni giorno, una donna si è avvicinata a me in lacrime e io l’ho semplicemente abbracciata, perché si portava dentro quel dolore che all’improvviso non era più solo suo».

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Hathaway dice di essere diventata più dolce da quando è madre di Jonathan, otto anni, e Jack, quattro, avuti dal marito, il produttore Adam Shulman, e di aver esteso quella dolcezza anche a sé stessa: «Quando ero giovane, l’unico modo che conoscevo per migliorarmi era diventare più dura con me stessa. C’è un limite a questo percorso. Ho dovuto reimparare cosa significa avere grinta, e come gestirla prendendomi cura di me stessa». Questo cambio di mentalità è stato in parte possibile perché ha smesso di bere. «Nel profondo sapevo che non faceva per me. E mi sembrava esagerato dover chiedere: “Proprio niente?”. Proprio niente. Se sei allergico a qualcosa o hai una reazione anafilattica, non c’è da discutere. Così ho smesso di discutere». Vuole chiarire che non sta parlando da un pulpito privilegiato e non vuole giudicare nessuno. «È una strada che ognuno deve percorrere da solo. La mia esperienza personale è che tutto è migliorato. Per me era benzina per l’autocommiserazione, e a me non piace autocommiserarmi. La cosa in cui ho fiducia è che gli altri berranno uno o due drink, e quando tutti arriveranno a due drink, ti sentirai come se anche tu avessi bevuto due drink, ma senza i postumi della sbornia».

Tutto questo per dire che Hathaway si prende molta più cura di sé oggi rispetto a quando aveva 20 anni. «Molte delle mie scelte di vita sono al servizio della salute mentale», dice. «Evito tutto ciò che mi drena energie o che potrebbe farmi cadere in una spirale». Inclusa la vita online.

Clothing by Prada; jewelry by Bulgari.Photograph by Norman Jean Roy; Styled by Deborah Afshani.

Quando la rivedo, è un lunedì mattina soleggiato e lei sta entrando a grandi falcate nella sede di Condé Nast, la casa madre di Vogue e Vanity Fair. Il valore della cultura pop non le sfugge. Diciotto anni fa, Andrea (Andy) Sachs, il suo personaggio nel Diavolo veste Prada aveva fatto lo stesso mentre si recava al fatidico colloquio di lavoro presso la rivista Runway. Questa volta l’attrice indossa un trench giallo e occhiali da sole. Quando arriviamo all’ascensore, dice impassibile imitando la sua Andy: «Ciao, sono nuova qui».

Trentaquattro piani più in alto, in un salotto circondato da finestre, restiamo incantate dalla vista della punta meridionale di Manhattan, della Statua della Libertà e, oltre, del New Jersey, dove Hathaway è cresciuta rincorrendo palloni da calcio, guardando Pretty Woman a ripetizione e sognando di recitare.

Da ragazzina, notava quanto fossero diversi i ruoli degli uomini e delle donne nei film. «I ragazzi venivano incoraggiati a inseguire i propri sogni, le ragazze a essere desiderate. Nel primo caso sei attivo, nel secondo passiva. Mi sono sempre identificata più con l’essere attiva, il che a volte faceva di me una disadattata», mi ha detto.

Agli esordi a Hollywood, le dicevano che non aveva sex appeal, ma lei non ci ha mai creduto: «Mi dicevo, sono una Scorpione. So come sono il sabato sera», scherza. (Ovviamente la supposta mancanza di sex appeal non l’ha risparmiata dal clima predatorio dell’industria cinematografica). Ma la definizione di ciò che era sexy allora era più ristretta: «Lo sguardo maschile era dominante, pervasivo e immaturo». Nei suoi vent’anni, a causa delle immagini proposte dagli schermi cinematografici, come molte coetanee si preoccupava più dell’apparenza che del benessere emotivo. Ha detto di lei Donatella Versace: «Il suo potere e la sua bellezza hanno catturato la mia attenzione... ma la sua vera forza sta nella sua gentilezza ed empatia».

Oggi Hathaway sa che domandarsi «Come mi sento?» è più importante che domandarsi «Qual è il mio aspetto?» e questo le permette di trovarsi più a suo agio sul grande schermo. «Mi sento pronta per essere una creatura sessuale a tutto tondo», dice. Il romanzo The Idea of You è diventato un fenomeno per via delle scene passionali, certo, ma anche per la leggerezza, finalmente, della storia d’amore tra due persone con grande differenza di età, e per quanto dice sul valore di una donna che invecchia. Hathaway spiega di aver apprezzato il fatto che il suo personaggio, Solène, sia una persona completa prima ancora di incontrare l’uomo di cui s’innamora. Il film è diverso dal libro, in quanto Solène appare meno chic e più empatica, ma le scene di sesso sono comunque molto sexy. «Non credo che un sano orgasmo cambierà il mondo, ma sono davvero felice di far parte di una storia che trae piacere dal piacere femminile», dice.

Oltre a dirle che non era sexy, da giovane le avevano anche preannunciato che la sua carriera sarebbe finita al compimento dei 35 anni. Non lo ha dimenticato. Prima che Greta Gerwig e Margot Robbie affrontassero Barbie, Hathaway e un’amica, la coautrice di Ocean’s 8 Olivia Milch, stavano collaborando, e sembra che la loro sceneggiatura esplorasse un territorio vicino all’ageismo. Come dice Milch: «L’idea di una Barbie che si sente un’outsider e non ha più molto senso in Barbie Land».

Corset by Louis Vuitton; veil by Piers Atkinson; gloves by Carolina Amato.Photograph by Norman Jean Roy; Styled by Deborah Afshani.

Non si compiace quando ricorda quelle vecchie previsioni infauste e preferisce sottolineare quanto sia grata di poter ancora produrre film. Poi ammette che, nonostante le migliori intenzioni, non sempre tutto fila liscio, ma di certo non si può negare, ad esempio, che la sua interpretazione dell’anno scorso nel thriller Eileen – dove ha dato il volto a una psicologa carceraria biondo platino che seduce una giovane segretaria – sia stata una delle più convincenti della sua carriera. E le proposte non le mancano, si tratta spesso di narrazioni al femminile originali che promettono di mantenere il lavoro di Hathaway a livelli alti.

Prossimamente, Hathaway reciterà con Jessica Chastain nel thriller psicologico Mothers’ Instinct, storia di due donne la cui relazione entra in crisi dopo che il figlio del personaggio di Hathaway muore in uno strano incidente. Hathaway aveva accettato il ruolo quando era una neo-mamma ma, a causa di conflitti di programmazione e della pandemia, le riprese sono iniziate solo quando suo figlio ha raggiunto l’età del figlio del suo personaggio. «Non potevo tirarmi indietro con un’amica», dice, riferendosi a Chastain. Ma l’esperienza è stata talmente straziante che Hathaway non riusciva a mangiare sul set. «Anche se amavo le persone con cui lavoravo, alla fine delle riprese avevo bisogno di allontanarmi». Dopo Mothers’ Instinct, Hathaway e Salma Hayek produrranno e reciteranno in una commedia d’azione intitolata Seesaw Monster, adattamento di Netflix del romanzo dello scrittore giapponese Kotaro Isaka, autore anche di Bullet Train.

Le domande dei fan, speranzosi di rivedere Andy, Emily e Miranda, su un possibile sequel del Diavolo veste Prada probabilmente accompagneranno la carriera di Hathaway per sempre. Alla fine di ogni rappresentazione dello spettacolo di Broadway Gutenberg! The Musical!, celebrità inattese appaiono in veste di produttori, aggiungendo una nota di stile alla trama. A gennaio, Hathaway è arrivata insieme ad Anna Wintour, fonte d’ispirazione, ovviamente, per la Miranda Priestly di Meryl Streep. Sul palco, Wintour ha presentato Hathaway come la sua assistente che, fingendosi demoralizzata, ha ribattuto: «Ancora?!?». Poi, a fine febbraio, l’attrice si è riunita con Streep ed Emily Blunt nel corso della presentazione ai SAG Awards. Ma difficilmente Hathaway realizzerà un sequel del Diavolo veste Prada perché il panorama dei media di questi tempi è digitale e lei preferisce che i suoi film siano vere e proprie fughe dalle routine quotidiane come i messaggini. Osservando il mio registratore sente l’urgenza di chiarire: «Me ne rendo conto proprio mentre le parlo», afferma. «Non ho detto al mio team di sottopormi solo film che precedono la rivoluzione dei personal computer».

A gennaio si è fatta apprezzare come collaboratrice di Condé Nast quando, durante il primo shooting fotografico per questa intervista, ha lasciato il set in segno di solidarietà con i membri del sindacato dell’azienda, in sciopero per negoziare un nuovo contratto. Lo stesso sindacato di Hathaway, SAG-AFTRA, aveva appena sostenuto uno sciopero di 118 giorni, quindi a chi andassero le sue simpatie era chiaro. Lo shooting è ripreso il giorno seguente. Nel frattempo, la notizia ha iniziato a girare sui social media e Vulture ha titolato «Anne Hathaway, ex giornalista di Runway, abbandona il servizio fotografico a sostegno della lotta sindacale».

Oggi, se Hathaway diventa virale, in genere è per celebrare qualcosa che ha fatto. Per esempio, certe nicchie di Internet hanno apprezzato alcuni video in cui lei comunica con i fan. In uno di questi, girato a Roma nel 2022, indossava un tailleur rosa di Valentino e si rivolgeva a fan e fotografi in visibilio dicendo: «Calma, calma, amore». In un altro, girato a Londra l’anno scorso, l’attrice, con un abito couture rosso a forma di rosa e cuissardes, tranquillizza una folla di fan spiegando come sarebbero andate le cose: «Non muovetevi, per favore. Verrò io da voi. Senza spingere. Con calma». Il video non aveva l’audio, così un creator di contenuti per non udenti ha pubblicato un labiale su TikTok che ha ricevuto più di 3,4 milioni di like. «Quanto equilibrio, classe e talento», ha scritto un commentatore. «È una regina assertiva! Giusti limiti e attenzione alla sicurezza sono ammirevoli».

Quando parlo di quest’ultimo episodio, è evidente che lei non capisce a che cosa io mi riferisca, perché per lei questi eventi sono la norma. Allora provo a giocarmi la carta dei look, perché lei ricorda gli eventi in base a ciò che indossava. Le dico dei cuissardes, ma lei m’incalza: «Non basta. Deve darmi altre informazioni, li indosso spesso». (Pretty Woman è ancora il suo film preferito). «Il fatto è che tutti abbiamo un sistema nervoso», dice quando siamo finalmente sulla stessa lunghezza d’onda, poi si prende in giro: «Io ho un rapporto molto intimo con il mio». Fa una pausa. «La gente vuole solo essere vista. E in quel preciso istante possiamo trovarci sulla stessa lunghezza d’onda».

Mi racconta che Julie Andrews le ha insegnato cosa significhi essere una star gentile quando trovava il tempo per fermarsi a firmare autografi alla fine di ogni giornata di lavorazione di Pretty Princess. «Rispettava il fatto che il suo lavoro contasse così tanto nelle vite dei fan e capiva che così facendo regalava loro una bellissima esperienza», dice. «Non so se sono sempre stata capace di comportarmi così. Quindi ho imparato che voglio comportarmi in un modo di cui essere orgogliosa in futuro».

Body di Viktor & Rolf Couture.

Photograph by Norman Jean Roy; Styled by Deborah Afshani.

«In questo periodo, mi va di lasciare che le cose accadano», sospira. Anche se non lo dice, sembra un passo avanti significativo per chi, come lei, ha dovuto fare i conti per tanto tempo con l’ombra dell’ansia e delle critiche. L’anno scorso è stata ripresa mentre ballava sulle note di Lady Marmalade di Labelle durante un after-party di Valentino nell’ambito della settimana della moda di Parigi. «Mi sono girata e ho capito che mi stavano riprendendo», dice. Il mio sguardo accigliato tradisce irritazione, ma lei mi smonta: «Non mi sono arrabbiata. Al contrario, mi sono detta, sono in una discoteca e sto ballando e questo è il mondo reale. Non mi devo fermare, né esibire. Resta dove sei, perché ti senti benissimo. Nonostante…». Si blocca. «Nonostante niente. Perché una che indossa Valentino in una discoteca di Parigi non dovrebbe sentirsi benissimo?».

Quel momento di felicità esibito senza sensi di colpa ha avuto oltre 20,7 milioni di visualizzazioni su TikTok. «E comunque», conclude, «se fossi stata io a guardare lei, avrei pensato che stava benissimo, e sarei stata felice, anche per lei».

Foto Norman Jean Roy
Capelli Orlando Pita
Trucco Gucci Westman
Manicure Meri Kohmoto
Sartoria Olga Dudnik
Scenografia Viki Rutsch
Producer on set Boom Productions.

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