Danilo Bertazzi: «Ho sposato il mio compagno grazie a Michela Murgia. Tonio Cartonio resta una parte di me, oggi sono in pace»

Grazie alla Melevisione è stato il faro dell'infanzia di tanti bambini. Ora l'attore è cresciuto, si è sposato, e si è lasciato alle spalle il periodo più difficile: «Avevo 40 anni, pensavo di essere immortale ma ho fatto i conti con la malattia»
Danilo Bertazzi «Ho sposato il mio compagno grazie a Michela Murgia. Tonio Cartonio resta una parte di me oggi sono in pace»

Se Danilo Bertazzi si è unito civilmente a Roberto Nozza il merito è un po' di Michela Murgia. «Il suo matrimonio e il suo concetto di famiglia mi hanno colpito molto. Apprezzo molto l'idea di una famiglia composta da persone che decidono di stare insieme perché lo vogliono. La famiglia è quella che vuoi creare e vuoi sentire, e io, non avendo genitori, fratelli e figli, ho cominciato a pensare a qualcuno che potrebbe gestire la mia quotidianità nel caso dovesse succedermi qualcosa», racconta Danilo, attore di lungo corso che tutti ricordano per il personaggio di Tonio Cartonio della Melevisione che lo stesso Bertazzi ha scelto di rispolverare grazie ad aneddoti e curiosità di quei tempi sul suo canale TikTok. Lo stesso canale in cui ha raccontato di essere andato in onda con le cannule della flebo nascoste sotto al costume dopo essersi sottoposto a un delicato intervento chirurgico al cuore.

Quando avete deciso di sposarvi?
«A settembre del 2023, a Parigi. Come sappiamo bene, in Italia si deve parlare di unione civile e non di matrimonio ma, dopo 12 anni insieme, abbiamo sentito di doverlo fare».

Dove avete scelto di farlo?
«A Besana in Brianza, visto che Roberto è di lì. Ad assistere sono stati solo i suoi genitori, che ci hanno anche fatto da testimoni».

Emozionato?
«Più che altro stordito. Ero talmente su di giri che, al momento dello scambio degli anelli, mi sono infilato il mio da solo senza aspettare che lo facesse lui. Allora me lo sono sfilato e gliel'ho dato in mano. Un bell'inizio, insomma».

Che tipo è Roberto?
«È la persona a cui tengo di più al mondo. Lavora nel settore del vintage, non abbiamo mai litigato, e il pensiero di invecchiare con lui mi fa stare bene».

Danilo Bertazzi e Roberto Nozza

Che famiglia aveva lei da bambino?
«Vivevo a Chivasso. Mia madre è morta quando avevo 5 anni, mentre mio padre si è costruito un'altra famiglia con un'altra donna. Sono vissuto con i nonni materni e la nonna paterna. Nella mia vita hanno sempre gravitato tante figure femminili, incluse le sorelle di mia madre e le amiche di mia nonna: da questo punto di vista, ho vissuto un'infanzia molto bella in cui, però, sono mancate due figure portanti. Di cui una per scelta».

Com'era a quel tempo?
«Un po' solitario. Disegnavo e avevo tanta fantasia che mi aiutava a combattere la solitudine. Sarà per questo che nella mia vita ho sempre cercato una nuova idea di famiglia: il fatto di essere subito accolto da quella di Roberto mi ha emozionato molto».

Chivasso le è mai stata stretta?
«No, anche se a 18 anni mi sono trasferito a Torino perché avevo bisogno dei miei spazi. Avevo già la consapevolezza di essere gay, e ricordo di essere arrivato in città assaporando un incredibile senso di libertà, considerando che a Chivasso non c'era la possibilità di confrontarsi con nessuno su questo tema. Neanche con la famiglia, con cui non ho mai fatto coming out».

Lo sapevano già?
«Secondo me, sì. Le mie zie non mi hanno mai chiesto niente su fidanzate e matrimoni. A quel tempo sentivamo un po' tutti di voler rivendicare un certo senso di libertà, ma poi è finito tutto quando negli anni Ottanta è arrivata l'AIDS. Ho visto morire molti amici, ed è stato terribile».

Com'è stato vivere da omosessuale quegli anni intrisi di così tanta malinformazione?
«Parlavano di piaga dei gay, di maledizione divina, ma non ho mai pensato neanche per un momento di essere sbagliato. Non ho mai sentito nessuno stigma, senza contare che, al tempo, non c'erano i leoni da tastiera che ci sono adesso. Quelli che, sotto alla notizia riportata sui siti del mio matrimonio, hanno iniziato a scrivere cose come ”chi dei due è la sposa" e “l'unione civile non è un matrimonio”, come se fosse qualcosa di inferiore».

Reazione a quei commenti?
«Ci ho fatto pace perché è evidente che ormai si vomiti addosso qualsiasi cattiveria pensando di essere protetti da uno schermo. Mi ha fatto molto più male la notizia secondo cui ero morto di overdose: non ho mai capito cosa avesse spinto qualcuno a inventarsi una storia del genere».

Il suo lavoro in quegli anni?
«Attore. Facevo teatro in una compagnia di Torino, poi ho iniziato a comparire in alcuni sceneggiati televisivi della Rai e a fare delle pubblicità a Milano, che erano molto ben pagate».

Danilo Bertazzi sul set della Melevisione

Poi è arrivata l'occasione della vita: quella di interpretare Tonio Cartonio alla Melevisione. Ricorda il provino?
«Portai un pezzo di Gianni Rodari e una canzoncina, anche se sono stonato. Evidentemente ero piaciuto, e così è partito tutto. Della Melevisione Tonio era l'unico che parlava con i bambini attraverso lo schermo: era una cosa magica».

Quando si è reso conto che le cose stavano cambiando?
«Quando hanno iniziato ad arrivare le lettere e le email. Erano migliaia».

Danilo Bertazzi si è mai montato la testa?
«Per niente, anche se ricordo che, quando andavamo in tournée con il cast, sembravamo i Duran Duran: avevamo la scorta, c'era il cordone per proteggerci dai fan. Era una cosa che mi divertiva molto, per non parlare del boato che mi accoglieva quando salivo sul palco. Toccare con mano quell'affetto così grande era incredibile perché sentivi quanto i bambini ti amassero. Ancora oggi, quando dei ragazzi mi dicono che sono stato la loro infanzia, provo un brivido. Le infanzie non sono tutte belle, e il pensiero di aver migliorato qualche pomeriggio con la Melevisione mi emoziona ancora oggi».

In quegli anni con la sua omosessualità che rapporto avevano gli altri?
«Nessuno in Rai mi ha detto di non dirlo. Internet non c'era, e i giornali di gossip non mi hanno mai cercato perché appartenevo a un target diverso dal loro. A quel tempo ero fidanzato, ma non ho mai nascosto niente perché non avevo motivo di mentire sulla mia vita privata».

La vita privata, a un certo punto, si scontra con il lavoro: su TikTok dice, a un certo punto, che «l'hanno presa per i capelli»: che cosa è avvenuto?
«Ero andato in ospedale per una visita medica al ginocchio quando l'anestesista si rende conto che c'era qualcosa che non andava nei miei valori e mi manda in Cardiologia. Lì, con un esame transesofageo, scoprono che la valvola mitralica del mio cuore si sta staccando, e scelgono di intervenire subito. Devo la vita a quel cardiochirurgo da cui sono tornato non troppi anni fa perché ho iniziato ad avere problemi anche all'altra valvola. Lì ho avuto un bypass».

Cosa ha provato in quel momento?
«Avevo 40 anni, pensavo di essere immortale ma ho fatto i conti con il fatto che nella vita può succederti qualsiasi cosa. Sono esperienze che ti cambiano e ti insegnano che siamo nelle mani del destino e che non dobbiamo dare mai niente per scontato».

Su TikTok ha detto che, ai tempi del primo intervento, aveva paura di essere sostituito alla Melevisione.
«Avevo molta paura che la produzione volesse allontanarmi, ma fortunatamente la Rai e gli autori sono stati straordinari, visto che mi hanno aspettato».

Ha anche detto che teneva nascoste le cannule sotto al costume mentre giravate.
«L'ho raccontato perché volevo che i ragazzi sapessero perché ho lasciato la Melevisione: è stata una decisione molto sofferta, perché amavo molto il mio personaggio».

Eppure, nel 2004, ha deciso di lasciare. Su TikTok dice una cosa molto forte: «Stavo perdendo me stesso».
«Ormai Tonio Cartonio aveva preso il sopravvento sulla mia vita privata, al punto che pochissimi mi chiamavano con il mio vero nome. Era come se fossi il mio lavoro e non più la mia persona. Danilo Bertazzi non c'era più, ed è per questo che ho deciso di prendermi del tempo per me. Senza contare che non avevo altri ingaggi in quel momento e che volevo dimostrare a me stesso e agli altri di essere anche altro, essendo io un attore».

Tornando indietro, lo rifarebbe?
«Sì. È stata una mia scelta, bisogna essere coerenti nella vita e accettare quello che si è deciso. In quel momento pensavo che fosse giusto per me andarmene, ed è per questo che non ho rimpianti o rimorsi di nessun genere».

Com'è andata dopo quell'addio?
«Non potevo più fare le pubblicità perché ormai il mio volto era quello di Tonio, allora ho messo su uno spettacolo teatrale su Rodari e ho cercato di andare avanti in attesa di tornare in Rai con Trebisonda».

Ha più visto la Melevisione dopo essersene andato?
«No. Ma, a dire il vero, non la vedevo nemmeno quando ci recitavo. Essendo ipercritico, mi imbarazza molto rivedermi: non ho mai rivisto una puntata della Melevisione».

Qualsiasi cosa farà in futuro, Danilo Bertazzi sarà per tutti sempre Tonio Cartonio: ci ha fatto pace?
«Adesso sì. Da quando ho toccato con mano l'affetto di una generazione intera nei miei confronti non posso che essere grato per tutto quello che ho avuto dalla vita».

A un certo punto ha detto di essersi sentito in colpa per aver lasciato i bambini da soli.
«Molti mi hanno detto che il mio addio è stata la loro prima delusione, e forse hanno ragione. Ho inflitto una piccola sofferenza negli spettatori a quel tempo, e me ne dispiaccio ancora oggi».

È sereno in questa fase della sua vita?
«Quando sono stato ricoverato la seconda volta per il cuore era in tempo di Covid. Ricordo di aver ragionato molto sul tempo, sull'età media di ciascuno di noi e sul calcolo degli anni che avrei ancora avuto a disposizione. Poi ho capito che era un esercizio inutile, perché non è giusto vivere con la paura del futuro. Adesso, con l'aiuto dello psicologo, sono più sereno con tutto ciò che mi circonda e ho imparato a ritrovare le energie per fare tante cose, come TikTok. Ho, inoltre, riaperto il mio canale in cui ospito a prendere un caffè a casa mia i bambini cresciuti che erano fan della Melevisione: è un progetto a cui tengo molto perché mi rende vivo. A 64 anni non sono, insomma, il vecchietto che va a vedere i cantieri».