Red Bull Cliff Diving, il nostro weekend su un trampolino a picco sul mare di Polignano

Abbiamo assistito alla tappa del Red Bull Cliff Diving a Polignano a Mare e abbiamo incontrato gli atleti e le atlete italiane, che non hanno dubbi: «È come volare»
La tuffatrice italiana Elisa Cosetti
La tuffatrice italiana Elisa CosettiDean Treml

Se ti tuffi da ventisette metri, in circa due secondi raggiungi una velocità media di novanta chilometri orari. Quando sali sulla piattaforma e guardi verso il mare, i sub che ti aspettano in acqua per assicurarsi che dopo il tuffo tu stia bene, sono grandi poco più di quattro puntini neri che muovono il blu del mare sotto di te. Davanti a loro, dalla roccia a picco l'acqua viene spruzzata da un getto posizionato ad hoc per rendere più visibile a chi si deve tuffare, il punto di entrata in acqua. In piedi sulla piattaforma a ventisette metri, è come essere in cima a un palazzo di circa nove piani. Anche un alito di vento fa la differenza, può farti perdere l'equilibrio, soprattutto se devi stare in verticale sul bordo e a testa in giù. È quello che sanno fare e in cui eccellono gli atleti della Red Bull Cliff Diving World Series che ogni anno si sfidano nelle numerose tappe della competizione in giro per il mondo. Siamo stati insieme a loro a Polignano a Mare, dove per l'undicesimo anno, la gara ha fatto tappa, portando ancora una volta gli atleti a tuffarsi dalla splendida cornice della celebre terrazza sul mare. Una delle più fotografate del mondo. Da lì, sulla piattaforma Red Bull che di notte s'illumina in uno spettacolo di luci colorate che danno vita alle tipiche parature pugliesi, i 24 atleti in gara, tra cui i tre italiani Elisa Cosetti, Andrea Barnabà e Davide Baraldi, hanno letteralmente spiccato il volo. Davanti ai nostri occhi e a quelli di migliaia di persone arrivate per seguire la competizione dal vivo. Chi direttamente dall'acqua, chi sdraiato in riva al mare, chi dalle terrazze circostanti.

L'atleta americana Kaylea ArnettRomina Amato

Anche noi, con le dovute imbracature di sicurezza anticaduta, abbiamo mosso alcuni passi sulla piattaforma. La pancia si ritira appena tutto intorno l'orizzonte si riempie delle mille sfumature di blu del mare. Poi la vertigine sale dall'ombelico alla gola, chi ci riesce guarda anche verso il basso, non è stato il nostro caso. Ma abbiamo avuto netta davanti a noi la sensazione che tutti gli atleti italiani che abbiamo intervistato ci hanno descritto sorridendo. E quasi chiudendo gli occhi come per ritrovare quell'istante: «volare».

L'atleta italiano Andrea BarnabaRomina Amato

«Il tuffo è un volo vero e proprio», ci ha raccontato il triestino Andrea Barnabà, 20 anni e una passione per i tuffi nata già da bambino al mare. «L'unica volta che ho fatto qualcosa di simile è quando mi sono lanciato con il paracadute». Mentre si racconta Andrea Barnabà ha già negli occhi la concentrazione del volo che farà di lì a qualche ora. «Sarò con la pancia verso l'acqua, devo spingere in avanti, quindi fare le rotazioni in avanti, poi l'ultima parte è il barani: quindi quattro capriole con mezzo avvitamento in avanti». Il barani è un gesto tecnico esclusivo per i tuffi dalle grandi altezze e consente nel movimento che l'atleta compie dopo i vari avvitamenti per entrare in acqua con le gambe e non con la testa. Tutti movimenti che vengono compiuti mentre si va a picco verso il mare, un virtuosismo di corpo e mente difficilmente spiegabile a parole.

L'atleta italiano Andrea BarnabaRomina Amato

Lo si comprende bene in quei pochissimi secondi di silenzio assoluto che seguono l'entrata in acqua dell'atleta dopo il tuffo e la risalita a galla circondato dai sub. L'attesa è di forse una frazione di secondo, a volte un secondo intero e chi è fuori dall'acqua trattiene il respiro perché l'impatto con l'acqua, a quella velocità, è imprevedibile. Solo quando la testa dell'atleta spunta fuori dall'acqua e alza la mano facendo segno che sta bene, allora anche il pubblico respira di nuovo. E scoppia l'applauso. «Sicuramente ogni volta che salgo sulla piattaforma, appena guardo sotto anche durante la gara e vedo questi pallini minuscoli, ogni volta sento un piccolo nodo alla gola», continua Barnabà che nella tappa di Polignano si è posizionato al sesto posto e ha concluso la gara raccogliendo un punto bonus per aver eseguito il miglior tuffo della competizione nel Round 2 e il primo 10 dei giudici nel 2024. «Ho sempre un po' di paura prima di tuffarmi ma è normale. Anzi è la cosa che diciamo che ci mantiene lucidi per evitare di fare cavolate, infatti succede spesso che chi si fa male è chi va troppo tranquillo sulla piattaforma. La paura fa sempre parte dei nostri tuffi ma ogni volta io cerco di controllarla: per un attimo chiudo gli occhi, lascio stare tutti quelli che mi aspettano, faccio un respiro profondo, cerco di liberare la mente e penso solo alle cose più importanti che mi consentiranno di fare il tuffo il meglio possibile. Nella maggior parte dei casi sono correzioni tecniche, la tenuta degli addominali e delle gambe, per esempio. Penso solo una cosa, senza riempirmi la testa».

L'atleta australiana Rhiannan IfflandDean Treml

Per Elisa Cosetti, anche lei giovane triestina di talento, 21 anni, la scintilla con il trampolino dalle grandi altezze è scattata durante un'esibizione nella sua città, Trieste. «Nonostante io facessi già tuffi come sport, mi sentivo come gli spettatori che vedo qui a Polignano che mentre ci tuffiamo trattengono il respiro e sono sbalorditi. Non mi aspettavo di provare quella sensazione e ne sono rimasta affascinatissima». In pochi anni Elisa Cosetti, che è stata la prima atleta italiana a competere nella divisione femminile della Red Bull Cliff Diving World Series, debuttando nella finale di stagione del 2021 a Polignano a Mare, è arrivata agli Europei 2022 dove ha conquistato la medaglia di bronzo. «Fortunatamente Alessandro de Rose (bronzo europeo l'anno scorso a Roma, ndr) si allenava a Trieste nella stessa piscina in cui andavo e anche se fino a quel momento non avevamo mai parlato perché ci allenavamo in orari diversi, gli ho chiesto informazioni ed è stato da subito disponibile», racconta Elisa, occhi grandi e i capelli che le sfiorano le spalle. «La prima volta che sono salita da 20 metri non è stato così scioccante perché eravamo in Austria dove c'è una piattaforma che si muove dai 10 ai 20 metri quindi puoi fare tuffi da un metro all'altro e a queste altezze un metro in più o uno in meno non cambia molto. Il mio primo tuffo l'avevo fatto da 10, poi, 12, 15 metri e non mi rendevo neanche conto, quando sono arrivata da 20 ho detto: “caspita”».

Dopo quel tuffo, Elisa Cosetti, che ama la musica dei Green Day e si è iscritta all'università, nonostante si alleni ogni giorno dalle 8 del mattino alle 15, per laurearsi in design industriale, non ha più smesso. «L'impatto con l'acqua è fortissimo per questo facciamo tantissima ginnastica ma niente pesi. I muscoli che dobbiamo sviluppare un po' di più sono sicuramente quelli del collo poi gli aduttori, perché quando entri in acqua, anche se entri dritto, se non tieni bene le gambe unite si possono aprire e ti strappi gli aduttori. Lo stesso vale per le braccia. Poi addominali e dorsali. Se entri perfettamente dritto non senti niente e ti rendi conto di avere fatto proprio un bel tuffo, appena entri un po' in avanti o un po' indietro senti la botta. A me è capitato nella seconda gara durante la Coppa del mondo, quando ho fatto l'ultimo tuffo ero troppo agitata e sono arrivata un po' di sedere e il giorno dopo non riuscivo a sedermi in aereo».

L'atleta australiana Rhiannan IfflandDean Treml

Prima di arrivare in gara, gli atleti si allenano scomponendo letteralmente il tuffo che faranno. «Non possiamo tuffarci ogni giorno da venti metri perché non ci sono strutture quindi ci alleniamo in piscina e scomponiamo il tuffo», continua Elisa. «Io faccio le partenze da sette metri in piscina, quindi faccio tutte le rotazioni e poi c'è il barani che è un salto mortale con mezzo giro. Quando arriviamo qui dobbiamo unire i due movimenti. Io cerco di portare le sensazioni che provo in piscina per ricrearle. Il colore dell'acqua fa la differenza, in mare è meglio: l'acqua è più scura e morbida perché è salata».

La tuffatrice colombiana Maria Paula QuinteroDean Treml

«Sulla piattaforma magari anche un secondo prima ho un'incertezza poi quando sei in punta sei in una bolla. Ti stacchi da tutto e quando sei in aria ti senti libero e la sensazione più bella oltre a quella della libertà è il volo. Con l'entrata in acqua hai la scarica di adrenalina, ti rendi conto di quello che hai fatto ed è bellissimo». Davide Baraldi, comasco, 23 anni, ha iniziato a tuffarsi a sei anni e ha esordito a Polignano nel 2022. Tra un tuffo e l'altro sta per laurearsi in Scienze Motorie. Durante la prima giornata della tappa a Polignano ha avuto un piccolo infortunio e in via preventiva ha deciso di non proseguire la competizione. «Il prossimo obiettivo è la Coppa del mondo e magari entrare nella top ten. Sto lavorando a un tuffo nuovo che ha un coefficiente di difficoltà maggiore e si compone di tre salti mortali indietro e tre avvitamenti. È uno dei miei preferiti».

Il tuffatore spagnolo Carlos GimenoRomina Amato

Al fianco di questi giovani atleti c'è da alcuni mesi un coach d'eccezione, il campione di cliff diving Alessandro De Rose. «È più difficile di quello che immaginavo perché quando sei atleta dai per scontato che i movimenti siano naturali quando passi a spiegare determinati movimenti agli atleti esce la complessità di questa disciplina». Alessandro De Rose, vincitore della tappa a Polignano nel 2017 (è stato il primo tuffatore italiano a ottenere una vittoria nella gara di tuffi dalle grandi altezze), bronzo agli Europei 2022, in gergo sportivo è l'idolo e anche l'atleta da battere. «Ho iniziato a Zoomarine facendo dgli show, facevo il pirata nei parchi acquatici, poi nel 2013 sono stato invitato al Marmeeting e quando ho provato il tuffo da 27 metri me ne sono innamorato. È un'emozione che non si può descrivere, sei su quella piattaforma da solo con te stesso, tra mente, corpo, natura. Non esiste più niente, sei solo tu che voli in aria. Mi tuffo ancora anche se ho avuto un rifiuto dopo l'infortunio. Adesso ho bisogno di ritrovarmi».

Andrea Barnaba, Ginni van KatwijkRomina Amato