Tom Hanks e Robin Wright di nuovo insieme dopo Forrest Gump in Here: l'anteprima

I due attori si riuniscono per un nuovo film di Robert Zemeckis che attraversa un secolo ambientato nel salotto di una famiglia. Con la macchina da presa sempre fissa
here film tom hanks robin wright
Courtesy of SONY PICTURES.

«Se questi muri potessero parlare…» Questa espressione si pronuncia spesso per i luoghi di eventi storici famosi, ma si applica anche agli spazi privati in cui trascorriamo la maggior parte della nostra vita. Nel suo film di prossima uscita, Here, il regista Robert Zemeckis dà una nuova interpretazione a questa idea, indagando cosa accadrebbe se questi muri potessero vedere.

Here si svolge interamente da una prospettiva fissa. La macchina da presa non si sposta mai. Non zooma e nemmeno ruota. Ciò che si muove (e piuttosto rapidamente) è il tempo. Nel corso dei 104 minuti della storia, si svolge più di un secolo di vita in un salotto americano. «La singola prospettiva non cambia mai, ma tutto ciò che la circonda sì», dice Zemeckis a Vanity Fair in questa anteprima esclusiva. «In effetti non è mai stato fatto prima. Ci sono scene simili nei primissimi film muti, prima che si inventasse il linguaggio del montaggio. Ma a parte questo, sì, è stata un’impresa rischiosa».

Here è una sorta di rimpatriata di Forrest Gump, tanto davanti quanto dietro la macchina da presa. Il film, che uscirà in sala il 15 novembre, è interpretato da Tom Hanks e Robin Wright ed è stato scritto da Zemeckis ed Eric Roth: tutti nomi con cui il regista aveva già collaborato al film premio Oscar del 1994. Finora non è stato detto molto sull’insolita prospettiva di Here. «È proprio questo il bello», dice Zemeckis. «Cosa passa da questa visione dell’universo? Penso sia un modo interessante di fare una riflessione sulla mortalità. Si rifà al tema universale che tutto passa».

Tom Hanks e Robin Wright un giorno di Natale degli anni ’70, con Kelly Reilly e Paul Bettany nei panni dei genitori di lui sullo sfondo.

Courtesy of SONY PICTURES.

Anche se il punto focale di Here non cambia, cambiano gli attori. Hanks interpreta un baby boomer di nome Richard, che in alcuni momenti della storia ha all’incirca proprio la sua età (67 anni), ma spazia anche da un decennio all’altro grazie a effetti di trucco tradizionali come pure di ringiovanimento digitale. Hanks invecchia fino all’età di quasi 90 anni ma torna anche indietro a quando Richard era un giovanissimo uomo negli anni ’60, dallo stesso aspetto che aveva il duplice premio Oscar al suo debutto televisivo come protagonista dal viso da bambino della serie degli anni ’80 Henry e Kip. Wright si unisce alla storia durante la tarda adolescenza di Richard nel ruolo della sua fidanzata (e poi moglie) Margaret, mentre la coppia cresce i figli nella casa in cui è cresciuto lui, passando a sua volta da un aspetto più giovane di decenni alla vecchiaia, mentre il suo personaggio vivace e più avventuroso aiuta il marito ad affrontare i tempi che cambiano. «Eric e io abbiamo raccontato la nostra generazione», dice Zemeckis, che oggi ha 72 anni.

Queste trasformazioni possono essere insidiose anche con strumenti all’avanguardia, e Zemeckis lo sa bene. Vent’anni fa, il suo film natalizio Polar Express ha sperimentato per primo la tecnica della performance capture, che ha poi continuato a perfezionare in La leggenda di Beowulf del 2007 e A Christmas Carol del 2009. Anche per i registi più abili, essere all’avanguardia significa a volte cadere nella «valle del perturbante», un’espressione che indica la percezione da parte del pubblico di qualcosa di irreale in modo inquietante. Molti film vi sono incappati nel tentativo di sperimentare. The Irishman di Martin Scorsese, per esempio, ha utilizzato tecniche di ringiovanimento per togliere vari decenni a Robert De Niro e Joe Pesci, ma alcuni critici hanno osservato che i due attori continuavano a sembrare persone anziane con la faccia giovane.

In questi ultimi cinque anni sono cambiate molte cose, e con Here Zemeckis ha continuato a sviluppare e migliorare queste tecniche. «Per qualche motivo, sono sempre stato etichettato “quello degli effetti speciali”. Ma li ho sempre utilizzati in chiave funzionale all’arco del personaggio», dice. «C’è sempre stata una certa smania di provare. Ho sempre pensato che il nostro lavoro di registi sia quello di mostrare al pubblico cose che non vede nella vita reale».

Una cosa che Zemeckis dice di aver imparato è che il successo della trasformazione dipende tanto dalle voci quanto dalle immagini. «Funziona solo perché le interpretazioni sono ottime», dice. «Sia Tom sia Robin hanno capito al volo che dovevano tornare indietro e comunicare quel che erano 50 o 40 anni fa, e dovevano portare quell’energia, quel tipo di postura, e anche alzare la voce. Questo genere di cose».

Uno scatto dietro le quinte di Here, dove il regista Robert Zemeckis spiega a Tom Hanks e Robin Wright come girare una scena ambientata intorno alla metà degli anni Duemila.

Jay Maidment

Man mano che cambiano le epoche, cambiano anche i simboli del progresso nel salotto. Il film non opera tagli netti tra un’epoca e l’altra: anziché salti bruschi, infatti, utilizza transizioni graduali, sfruttando scenografie e oggetti di scena per guidare lo spettatore avanti o indietro nel tempo. Quando una scena termina, sullo schermo appaiono dei riquadri che inseriscono qualche sezione della stanza appartenente a epoche precedenti o successive prima che cambi tutta l’immagine. Per esempio, un televisore degli anni ’60 accanto al camino viene improvvisamente coperto da una finestra rettangolare sul passato, che mostra una radio degli anni ’30 nello stesso punto. Poi il resto della stanza di quell’epoca si apre in dissolvenza e occupa l’intera prospettiva mentre inizia un’altra scena.

Zemeckis e Roth hanno mutuato l’effetto dal materiale sorgente di Here, l’omonimo graphic novel del 2014 di Richard McGuire pubblicato in Italia con il titolo Qui, a sua volta adattato da una striscia a fumetti creata dall’artista nel 1989. «Invece di staccare di netto all’immagine successiva a schermo intero, scivoliamo gradualmente alla scena successiva, passando al momento successivo in un modo che ci permette di sovrapporre effettivamente le storie».

Here presenta alcune analogie con l’esperienza teatrale tradizionale, poiché il film si svolge in un unico set, ma se ne differenzia perché è il set stesso a evolvere e cambiare continuamente. «Quando guardi qualcosa sul palcoscenico, sei tu il montatore e il regista», dice Zemeckis. «Sei tu che decidi: “Guardo quel personaggio o guardo qui e vedo quel tizio seduto sul divano?”. Quello che facciamo con i riquadri è guidare il pubblico verso ciò che vogliamo veda».

Grazie a questi riquadri, nel corso della storia si intrecciano vari flash dei molti abitanti della casa nel corso dei decenni. Un veterano della Seconda guerra mondiale di nome Al che si reinventa come rappresentante (Paul Bettany di WandaVision) e sua moglie casalinga, Rose (Kelly Reilly di Yellowstone) si trasferiscono nella casa poco dopo il suo ritorno in patria dopo essere sopravvissuto a un duro combattimento. A mettere in moto il nucleo della storia di Here è il personaggio di Hanks, Richard, il loro primogenito. «Negli anni ’30 e ’40 c’erano uomini che avevano vissuto la Grande depressione e la Seconda guerra mondiale per poi entrare nei conservatori anni ’50, dove erano tutti molto conformisti», dice Zemeckis. «Non avevano gli strumenti per esprimere i loro sentimenti. E così, c’erano molta rabbia e molte liti».

Al, interpretato da Paul Bettany (a sinistra), filma il matrimonio del figlio e della nuora, interpretati da Tom Hanks e Robin Wright, in una scena ambientata alla fine degli anni ’60.

Courtesy of SONY PICTURES.

Al non è di per sé violento, ma è più duro di quanto l’epoca di Papà ha ragione ammettesse. Neanche Rose è remissiva, anche se le porte aperte per lei sono pochissime. «Il punto era rendere facile l’immedesimazione nella storia», dice Zemeckis. «Non volevamo che le persone [nella casa] fossero criminali o spie in situazioni altamente drammatiche. A qualcuno probabilmente non andrà a genio il fatto che i conflitti nel film non sono esagerati, ma che al contrario sono radicati nella realtà». In effetti, Rose e Al prendono il nome dai genitori di Zemeckis, anche se lui insiste nel dire che non è stata una sua idea, bensì di Roth. «Non è stata una mia scelta. È stato Eric», dice. «Niente di tutto ciò è effettivamente biografico».

Come tono, Here ricorda Piccola città di Thornton Wilder, ma ridotto a un’unica stanza. Richard, il personaggio di Hanks, si sente sopraffatto dalla testardaggine del padre, proprio come capita a volte anche a sua madre. Richard non ha la vena ribelle o avventurosa che siamo abituati ad associare agli anni ’60, il che provoca qualche attrito nel suo stesso matrimonio, mentre Margaret, il personaggio di Wright, si oppone alle norme che impedivano a donne come sua suocera, Rose, di perseguire i propri sogni. «Richard è timoroso, e penso si tratti di un malessere comune nelle persone», dice Zemeckis. «Eppure lo è per i motivi giusti. Non vuole mettere a rischio la sua famiglia».

Richard è un ragazzo degli anni ’50 le cui responsabilità di marito e padre negli anni ’70 e ’80 ne fanno passare in secondo piano le ambizioni artistiche. All’inizio del nuovo millennio, si rende conto con stupore della rapidità con cui è passato il tempo. Margaret, invece, avverte da sempre il ticchettio dell’orologio e lo esorta a liberarsi, trasferirsi ed esplorare il mondo. Gli scontri tra generazioni mostrano quanto in fretta cambia una cultura mentre i figli crescono e i genitori invecchiano. «Penso che il film racconti una verità: dobbiamo accettare che tutto cambia», dice Zemeckis. «È quando ci opponiamo a questo dato di fatto che ci troviamo nei guai, e allora ci trinceriamo in noi stessi e perdiamo delle occasioni».

Robin Wright e Tom Hanks valutano la possibilità di lasciare finalmente la casa di famiglia di lui, molti anni dopo aver iniziato la loro vita coniugale.

Courtesy of SONY PICTURES.

Anche se Here si concentra principalmente su questa famiglia, di tanto in tanto il film mostra qualche flashback su chi ha abitato queste quattro mura prima di loro e ha affrontato a sua volta sconvolgimenti e conflitti. Michelle Dockery (Downton Abbey) e Gwilym Lee (Bohemian Rhapsody) interpretano i primi abitanti della casa all’alba del XX secolo, un aviatore e sua moglie ignari del fatto che di lì a poco nel loro salotto si sarebbe tenuta una veglia funebre. David Fynn (The Mauritanian) e Ophelia Lovibond (Guardiani della Galassia) interpretano un inventore e una pin-up che fanno la bella vita nella casa durante i ruggenti anni ’20, mentre Nicholas Pinnock (For Life) e Nikki Amuka-Bird (Bussano alla porta) interpretano una coppia che vive nella casa dopo Hanks e Wright, raccontando lo sconvolgimento sociale del 2020 che colpisce la loro famiglia così come la loro governante (interpretata da Anya Marco Harris).

A volte Here si spinge ancora più indietro nel tempo, mostrando scorci di quest’area boschiva prima che la casa esistesse. La villa coloniale che per gran parte del film si vede dall’altra parte della strada dalla finestra principale della casa gioca un ruolo da non protagonista, e nel corso della storia compare anche la tribù di nativi che abitava la terra prima dell’invasione dei coloni. Per puro divertimento, gli spettatori intravedono brevemente anche cosa c’era nella preistoria.

Sempre Here: decenni dopo, la coppia è ancora radicata nello stesso luogo. Nonostante il sorriso, il personaggio di Margaret (interpretato da Wright) ha cominciato a farsi assalire dall’inquietudine.

Courtesy of SONY PICTURES.

Il passare del tempo è uno dei motivi per cui Here esiste. Dopo decenni di successi innovativi come la trilogia di Ritorno al futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit, Contact, Cast Away e La leggenda di Beowulf, Zemeckis si è trovato a chiedersi quali frontiere fossero rimaste da esplorare. Sul set di Pinocchio prodotto dalla Disney, dove Hanks interpretava il burattinaio Geppetto, il regista aveva iniziato a fare un po’ di brainstorming con il suo collaboratore abituale. «Eravamo a Londra a meditare sul cinema, e ci chiedevamo entrambi se ci fosse “la possibilità di fare qualcosa di completamente unico, qualcosa che non è mai stato fatto”. E io ho detto: “Beh, c’è un graphic novel che non sono mai riuscito a togliermi dalla testa. Si chiama Qui”. Quella sera Tom è andato a casa, ha comprato il libro su Kindle, è tornato la mattina dopo e ha detto: “Mio Dio, eccolo. È quello giusto!”».

«Per pura coincidenza, mentre verificavo la disponibilità del graphic novel, ho ricevuto una telefonata da Eric, che mi fa: “Dobbiamo scrivere qualcosa insieme”. Gli ho risposto: “Ehi, beh, senti… in realtà sono entusiasta di questa idea di cui Tom è entusiasta. Prendi questo libro…”». Mi ha chiamato il giorno dopo e ha detto: “Ci siamo. Ecco cosa dobbiamo fare”».

Nonostante tutti gli anni di esperienza, i veterani di Forrest Gump si sono riuniti per sperimentare, senza essere sicuri che il film avrebbe funzionato. Zemeckis era felice di aver trovato una nuova sfida da affrontare. «Penso che renda la storia piena di speranza», dice. «Finché si respira, c’è sempre tempo per perseguire i propri sogni».

Robert Zemeckis dirige Robin Wright e Tom Hanks nei panni dei loro personaggi da anziani in uno scatto dietro le quinte di Here, prodotto da Miramax e distribuito da Sony Pictures.

Jay Maidment