Ida Di Filippo di Casa a prima vista: «Sogno i figli, ma se non arrivano va bene così»

È la più vulcanica degli agenti immobiliari di Casa a prima vista e qui si racconta come non ha mai fatto prima
Ida Di Filippo di Casa a prima vista «Sogno i figli ma se non arrivano va bene così»
Alex Alberton

Dice Ida Di Filippo che tutto quello che Casa a prima vista le ha regalato è bellissimo ma difficile da gestire. «La settimana scorsa sono andata al supermercato sotto casa mia e ho bloccato la fila alla cassa quando il primo mi ha riconosciuta e mi ha chiesto di fare una foto insieme. Allora ho posato le banane che avevo in mano e siamo rimasti lì per quaranta minuti», scherza Ida a margine della sua partecipazione al BCT, il Festival Nazionale del Cinema e della Televisione di Benevento che l'ha accolta insieme agli agenti immobiliari di Real Time - a proposito, le nuove puntate torneranno il 2 settembre - che sono diventati la sua famiglia. Ma chi è davvero quella donna con il sorriso sempre stampato sulle labbra e la battuta sempre pronta, capace di tirare fuori pizze e «spaghetti a vongole» pur di convincere un cliente a fidarsi di lei e ad acquistare gli immobili che presenta? Siamo qui per scoprirlo.

Cosa voleva fare quando era bambina?
«Vivevo a Siano, un paese di 10mila abitanti popolato da caprette e cagnolini: il mio unico sogno era vedere il mondo e provare quante più cose possibili. Mia madre voleva che restassi vicino a lei, ma ho sempre sentito dentro di me il bisogno di cambiare, di mettermi in gioco».

Le piaceva stare al centro dell'attenzione?
«Da bambina facevo tutto: cantavo, ballavo, mi immaginavo a fare qualsiasi cosa e, soprattutto, volevo conoscere persone diverse. A 2 anni premevo per frequentare l'asilo anche se ero molto più piccola rispetto agli altri, visto che lo si frequentava dai 4 anni in poi. Mia madre era scettica, ma poi si è resa conto che il mio stare con gli altri era un dono».

È figlia unica?
«Ho un fratello e una sorella. Io sono la più grande, ma non vedevo l'ora che arrivassero gli altri perché non avrei mai voluto stare sola. Mio fratello, che è un gran sognatore, in realtà è il mio primo vero ”biscottino". Gianluca di Casa a prima vista me lo ricorda un po'».

È stata una ragazza ribelle?
«Ero la ragazza delle scuse impossibili. Capitava che violassi il coprifuoco e tornassi a casa la mattina dopo, ma ero sempre pronta a inventare delle storie che facevano morire dalle risate sia mia sorella che mio padre. Un po' meno mia madre, la più inflessibile della famiglia. Mi ha avuta quando aveva 21 anni, ed è stato proprio da lei che ho imparato a inseguire i miei sogni e a vivere appieno la mia vita».

Lavoro di sua madre?
«La maestra. Mio padre, ora in pensione, era una guardia di finanza. Con lui ho sempre avuto un rapporto sincero: ricordo di avergli detto che sarei voluta partire per la mia prima vacanza con il primo fidanzatino puntando sul fatto che le mie amiche ai genitori avevano detto un sacco di bugie. Lui è rimasto colpito dalla mia trasparenza e mi ha detto di sì alla faccia di mia madre».

Alex Alberton

È chiaro che abbia avuto tante vite: la prima qual è stata?
«Studentessa di Giurisprudenza: avrei voluto fare l'avvocato, ma non mi sono mai laureata anche se sono certa che sarei stata molto brava non solo perché me la cavo con le parole, ma anche perché la vita mi ha insegnato a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno. Sono credente, e già so che quando sarà la mia ora dirò a San Pietro che in fondo non ho mai ammazzato nessuno e ho amato follemente tutti coloro che ho avuto al mio fianco. Insomma, vorrei organizzarmela per bene anche nell'Aldilà».

È sempre stata così ottimista?
«Ci provo. Anche quando va tutto storto cerco di pensare sempre al fatto che sarebbe potuta andare peggio, soffermando la mia attenzione sulle cose belle che mi sono capitate».

È successo anche quando ha lasciato Giurisprudenza?
«Una mattina sono andata da mio padre e gli ho detto che non era quello che sognavo per me. Lui mi ha rassicurato ma, allo stesso tempo, mi ha detto che sarei dovuta andare a lavorare perché ce n'era bisogno».

E cosa ha fatto?
«Ho lavorato nell'amministrazione di una società petrolifera in un paese vicino a Siano. Non sapevo niente di quel lavoro, per questo la sera mi mettevo a studiare: non volevo fare la figura di quella impreparata che non sapeva niente. Dopo, mia sorella ha deciso di aprire un negozio di accessori donna e l'ho aiutata, fino a quando un gruppo di amici ha inaugurato un'attività di sigarette elettroniche in Italia e sono diventata la miglior venditrice di sigarette elettroniche sulla piazza anche se non ho mai fumato in vita mia».

E poi cosa è successo?
«Che questa attività ha aperto 60 negozi in Italia fino ad arrivare in Spagna, un mercato che hanno deciso di affidarmi anche se non sapevo una parola di spagnolo. Allora mi sono trasferita a Madrid e poi alle Canarie, dove sono rimasta per sei mesi fino a quando non sono tornata in Italia con il mio compagno, che è molto più giovane di me».

Dove lo ha conosciuto?
«A Siano, grazie a Facebook. Io avevo 31 anni e lui 23. È l'amore della mia vita: stiamo insieme da 11 anni. Credo che tutte le persone con cui sono stata prima mi siano servite per arrivare a lui».

È una risposta molto romantica.
«Credo tanto nell'amore, ed è per questo che, quando lui si laurea in Infermeria e lo mandano a Milano, io lo seguo senza pensarci due volte, lasciando tutto quello che avevo in mano e mettendomi di nuovo in gioco».

Cosa ha fatto?
«Ho lavorato in un negozio di abbigliamento dei cinesi dove ho resistito sei mesi: il fatto che salutassi la mattina tutti con un bacio non era una cosa che apprezzavano particolarmente. Avevo, però, bisogno di empatia e di contatto, ma loro non lo capivano. Dopodiché ho lavorato in un call-center e in una società informatica partner del Comune di Milano. Per farmi notare ed essere assunta, sapevo di dover portare a casa il triplo dei risultati che facevano gli altri, e così ho fatto. Gli altri arrivavano in ufficio alle nove e io alle sette e un quarto per prepararmi e studiare il programma al computer».

E alla fine viene presa. Quanto resiste?
«Un anno. Non sono, purtroppo, una persona da posto fisso: sono troppo dinamica. Sarà stato per questo che a un certo punto avevo chiesto di essere spostata allo sportello della sede di Via Larga dove nessun collega voleva andare: sentivo il bisogno di interfacciarmi direttamente con la gente, anche se venivano lì molto incavolati. Io, però, li ascoltavo e diventavo loro amica. Qualche tempo dopo, però, chiamo mia madre e le dico che avrei cambiato di nuovo».

Per cosa?
«Per fare l'agente immobiliare, un lavoro che amo ancora adesso».

La televisione non tenta Ida Di Filippo?
«Sì, ma non so cosa mi attende. Mi piace molto il mondo dello spettacolo e dell'intrattenimento, ma vediamo un po' dove porta. Già il fatto di essere qui a parlare con Vanity Fair è una cosa che faccio fatica a realizzare».

Pensa di lasciare il suo lavoro di agente?
«Per ora me lo tengo stretto. Poi, certo, se proprio la televisione italiana avesse bisogno di me in questo momento storico, capiremo come fare».

Il successo le ha mai dato alla testa?
«Direi di no. Sarà che è arrivato a 42 anni: penso che sia stato questo ad aver fatto la differenza. A quest'età è difficile cambiare quello che sei: non faccio capricci di nessun tipo. Continuo a prendere la metro per andare nel mio ufficio a Cordusio anche se c'è sempre il rischio che qualcuno mi riconosca, e continuo a fare la mia vita di sempre. Se tutto dovesse finire, avrei sempre il mio lavoro, che so fare bene, a cui tornare».

Riesce a gestire tutto?
«Ci provo. Alla prima edizione ho fatto fatica, sono anche svenuta un po' di volte. Ma volere è potere, e io sono sempre stata molto determinata».

Cosa fa paura a Ida Di Filippo?
«Che possa capitare qualcosa di brutto alle persone a cui voglio bene. Per il resto, non ho paura di niente».

Mai avvertito una certa pressione sul fronte del matrimonio e dei figli?
«Sono stata sulla bocca di tutti nel mio paese per via della differenza d'età con il mio fidanzato, ma è una cosa su cui ho cercato di non soffermarmi. Con lui abbiamo una casa cointestata a Trezzano e un mutuo diviso a metà: è come se fossimo già sposati. O, almeno, è così che dice lui».

Dipendesse da lei?
«È ovvio che mi piacerebbe. Mi sposerei, però, al Sud, non a Milano. Magari in Costiera. Per il resto, il sogno di una famiglia c'è, è inutile negarlo. Mi piacerebbe avere dei figli: per ora non vengono, ma ci stiamo provando. Adoro i bambini e sono pazza della mia nipotina».

Ci soffre?
«No. Se anche non andasse, sono una persona molto fortunata perché la vita mi ha regalato tanto amore, e non è una cosa che do per scontata».